un giorno chissà...

Catania venerdì 2 febbraio 2007, fine del gioco


Oggi non si gioca... Incredibile che si usi ancora questo verbo per definire qualcosa che di gioco non ha proprio più nulla. Incredibile che proprio chi ora si erge paladino, in difesa del calcio ne sia il boia. In due giorni ne sono state dette tante, troppe. Le responsabilità sono state fatte rimbalzare come (questo si che è un paradosso) un pallone preso a calci. Gli addetti ai lavori (giornalisti forse poco sopra le parti, dirigenti di società e di associazioni) se la prendono con le istituzioni e con la mancata applicazione delle leggi che ci sono. I politici se la prendono con gli addetti ai lavori che non tengono fuori dagli stadi gli elementi pericolosi (definizione a dir poco generosa rispetto a certi gesti), fornendo semmai un sospetto garantismo, dovuto a quanto pare al meccanismo che dietro al calcio macina i soldi... I tifosi (non quelli che amano davvero il calcio) attraverso forum e siti del pallone sono più confusi che mai e in preda ad assurde battaglie campanilistiche e vittimismi ipocriti, se la prendono con tutto e tutti... E in mezzo c'è un gioco che ha perso la propria identità, un gioco che non ha niente a che fare con quello che succede negli stadi o sui campetti di periferia (perchè nemmeno questi sono più immuni da certi avvenimenti), un gioco che nonostante tutto si ritrova ad essere il nemico pubblico n.1, l'unico fino ad ora ad aver pagato per tutti. Il calcio è morto e intorno alla salma (che viene tenuta in piedi, per farci credere che non sia così) si scatena ogni assurda forma di strumentalizzazione.Le tifoserie sono schierate politicamente, ultras e giornalismo sono a libro paga delle società e le fazioni politiche si litigano i posti di comando e la volontà di cambiare le cose. Forse dovremmo fare tutti un esame di coscienza, forse dovremmo tutti prenderci la nostra parte di responsabilità nei confronti di quello che, finchè è rimasto un gioco, ci ha regalato emozioni inimmaginabili. A chi lo ama davvero, chiedo di far sentire la propria voce. La domenica invece di inveire contro i tifosi avversari o le forze dell'ordine o cantare cori razzisti, vorrei che tutti insieme gridassimo "Giù le mani dal calcio", a chi con quelle mani lo ha soffocato. E vorrei veder sventolare una sola bandiera con sopra il disegno di un pallone. Da venerdì notte ci sono due bambini che non hanno più un padre, che proprio perchè bambini, amano giocare, ma che non potranno che odiare quello che tra i giochi era il più amato; perchè il loro papà purtroppo non è morto per gioco. E ci sono tanti altri ragazzi che hanno perso la vita. E a loro vorrei dire che esiste un altro calcio, un calcio fatto di zainetti al posto dei pali e di occhi al posto della traversa, un calcio fatto spesso di asfalto al posto dell'erba, senza righe bianche, un calcio fatto di ginocchia sbucciate e gesti tecnici a volte funambolici a volte comici, un calcio senza differenze di razze e colori o di ideologie. Esiste ancora un calcio che si può "giocare", in cui si può esultare come Tardelli dopo un gol senza offendere nessuno e senza scatenare reazioni assurde. Al papà di quei bambini (e a tutte le vittime degli stadi) vorrei chiedere scusa, perchè ha cercato di difendere il gioco che ho amato tanto fino a rimetterci la vita.