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TREGUARombo. Clang! Rumore di acciaio. Esegue un ordine. Non sa bene cosa stia accadendo. Non sa perché lo abbiano azionato. Avrebbe preferito dormire. Il cielo osserva impassibile il suo movimento.Cemento. Fredda luce artificiale. Polvere. Razioni. Il suono di una sirena. Tregua.Finalmente si può uscire dai ripari per cercare generi di prima necessità.... si dice che siano ripresi anche gli aiuti umanitari. Ho chiesto alla mamma cosa siano gli aiuti umanitari e mi ha spiegato che sono delle persone che ne aiutano altre portando medicine e viveri; ci sono anche medici che si prendono cura dei malati e dei feriti. Oggi è una bella giornata, tutti sono felici perché c'è la Tregua. Di solito restiamo rinchiusi nei rifugi e quando la terra trema vuol dire che stanno bombardando ed è per quello che non posso più giocare con i miei amici in strada. Dovrebbe restare questa Tregua per sempre così tutto può tornare come prima. Certi amici non li vedo da settimane. Ho chiesto alla mamma se mi portava a scuola ma la scuola non c'è più.Il caldo della luce solare sul velo, sulla pelle sotto di esso. Sorrido a quel sole che non vedevo da tanto tempo e nello stesso tempo piango abbracciata dalla desolazione. Per le strade del paese c'è puzza di paura. Di morte. Persone disperate che cercano di racimolare le poche cose sopravvissute ai bombardamenti. Peccato che gli obiettivi militari siano sparsi tra scuole, ospedali ed altri edifici di servizi pubblici. Oggi però per qualche ora si può uscire. Ci hanno assicurato che durante la tregua potremo rifornirci di ciò che serve. Servono coperte pulite, quelle che abbiamo ormai sono sudice e rotte. Niente medicinali. Stipati nei rifugi le malattie proliferano. Una stretta leggera alla mano. Forse non avrei dovuto portarlo. Vedere questi orrori è sbagliato. Nessuno dovrebbe vedere la propria casa distrutta, i parenti e gli amici uccisi. Il proprio paese dilaniato da una guerra che nessuno ha chiesto, nessuno vuole, noi non la vogliamo. Invece muoriamo. Nessuna certezza. Gaza City è rasa al suolo. Mio figlio Imad ha solo cinque anni ed è costretto a vivere tutto questo. Ho tentato di spiegargli cosa stia succedendo risparmiandogli dettagli che secondo me non avrebbe capito ma quello che sta vedendo è molto più atroce di qualsiasi parola.Come formiche si muovono sotto di lui. Imperturbabile segue la sua traettoria. Inevitabile.Nessuna Tregua. Nessuna pietà. Solo un missile di acciaio ad alto potenziale.Esplosione. Grida. Cemento che si sgretola. Paura. Corpi dilaniati. Sangue. Morte.“Mamma, posso andare a giocare con Hassan?”“Imad, piccolo mio... Hassan ci ha lasciati per sempre. La Tregua l'ha preso per mano e se ne sono andati insieme.”