Un cuore spettinato

Post N° 20


Erano quasi le sette di sera quando Stefano, a bordo del suo piccolo motoscafo, giunse in quella piccola baia. Era partito dal porto nel primo pomeriggio con l’intenzione di trascorrere il resto del giorno in mare a scoprire le piccole insenature che la costa offriva solo a chi aveva la fortuna di possedere un'imbarcazione. Arrivarci via terra era praticamente impossibile, data la ripidezza della costa. Si era concesso una settimana di vacanza dal mondo dopo mesi di incessante lavoro, di continuo girovagare. Mesi le cui notti erano un susseguirsi di camere d’albergo, sempre diverse e sempre uguali, di voli in giro per le capitali europee. Stefano amava quella vita, l’aveva sempre cercata e nel corso degli anni aveva puntualmente declinato offerte di lavoro, anche assai remunerative, che lo avrebbero tenuto più vicino a casa. Lui era uno zingaro nel cuore. Ora però era stanco; un malessere regnava costantemente nel suo animo. A volte si era fermato ad analizzare la sua situazione e ciò che vedeva non era nulla di nuovo, nulla a cui non fosse già abituato. Ora però stava male e quindi aveva deciso di staccare dal mondo e nell’avvicinarsi alla natura, sperava di ritrovare un po’ di quella serenità che sembrava perduta. Sono felice? Spesso se lo era chiesto e puntualmente la risposta era sì.Era un uomo abbastanza pragmatico da sapere che la felicità assoluta non poteva esistere, tuttavia non aveva di che lamentarsi: si era costruito una solida posizione economica che gli aveva permesso di coltivare i suoi hobby e di svaghi ne aveva molti, ma ora non lo soddisfacevano più: erano come giocattoli vecchi nelle mani di un bimbo che cercava altro. Il tramonto era l’ora che Stefano preferiva. Ovunque volgesse lo sguardo vedeva solo le sfumature più calde della natura.Gli ori del sole, gli smeraldi delle foglie degli alberi, i turchesi del mare che baciavano il sole erano coccole ai suoi occhi, carezze ai suoi pensieri e regalavano un dolce sollievo al suo cuore che iniziava di nuovo a bussare facendogli sapere di essere vivo. Fu in quel momento che Stefano vide Lisìope ed il suo ricordo, da allora, non lo avrebbe abbandonato mai più. Lei era seduta su uno scoglio isolato che si allungava dalla piccola spiaggia della baia. Era vestita solo di un costume da bagno color turchese che faceva risaltare il fisico asciutto e tonico. La pelle abbronzata regalava bagliori dorati in quel tardo pomeriggio d’inizio estate. Come rapito da quella immagine, Stefano spense il motore dell'imbarcazione e lasciò che la corrente la portasse silenziosamente verso di lei. Molti mesi, molte maree e venti erano trascorsi da quando la conchiglia era stata frantumata contro il muro ed il suo corpo era lentamente guarito lasciandole però alcune cicatrici profonde che ora segnavano le sue gambe. Lisìope alzò lo sguardo assorto nei suoi sogni e vide il piccolo motoscafo che ormai era prossimo. “Chi sei?” – chiese la ragazza guardandolo distrattamente e volgendo subito dopo lo sguardo alle onde che si infrangevano sullo scoglio.“Non volevo disturbarti, ti ho visto da lontano e mi hai incuriosito” – rispose Stefano. “E’ curioso vedere qualcuno seduto su uno scoglio? Io credo che lo strano sarebbe vedere me che divengo roccia.”  “Sei tagliente ragazza, non volevo certo offenderti, ma noto che ti ho disturbata e me ne vado subito.” “No, scusami, , resta pure.” Mentre diceva ciò, Lisìope alzò lo sguardo per osservare l’uomo della barca. Ha lo sguardo buono, pensò tra sé e sé. I suoi occhi mi stanno scrutando e mi piace come mi guardano, vi è ammirazione, stupore e gioia; tanta gioia: assomigliano allo sguardo di un bimbo che ritrova, dopo anni, il suo peluche preferito, quello che per molte notti ha stretto al petto addormentandosi e che, un giorno, senza un perché sparì dal lettino. Un’onda più fragorosa delle altre distolse Lisìope dai suoi pensieri: “Qual è il tuo nome?” chiese la ragazza. “Stefano; e tu come ti chiami?”  “Io sono Lisìope e questa è la spiaggia dove vivo” tracciando, con la mano, un immaginario cerchio che racchiudeva la piccola baia alle sue spalle. “E’ un bellissimo luogo questo, Lisìope. Posso restare con te a guardare il sole che bacia la luna? Prometto che non ti disturberò, resterò in silenzio lasciando che la barca sia cullata dalle onde.” Sentendo quelle parole, Lisìope iniziò a distendere i tratti del viso ed a rilassarsi. “E’ veramente una bella persona questo uomo apparso dal mare” – pensò – e per la prima volta sorrise. Un sorriso che da tanto, troppo tempo ormai non segnava il suo viso. Anche gli occhi iniziarono a sorridere, sembravano colmi di fili d’oro che, d’improvviso, venivano nuovamente illuminati, svelando tutta la loro bellezza. Stefano era lì immobile che osservava il cambiamento che stava svolgendosi sul viso di Lisìope e non osava dire nulla, non voleva che una sua parola potesse spezzare quel momento così perfetto e così inaspettato. Poi le porse la mano per aiutarla a salire sulla barca e le disse: “Fidati di me”. Lisìope socchiuse gli occhi come per guardare oltre le parole, e ciò che vide le piacque. Mise la sua mano in quella di Stefano che la strinse gentilmente, ma con fermezza, per impedirle di cadere. Poi si sedettero nella barca non molto vicini e restarono in silenzio a guardare il cielo e ad ascoltare i gabbiani che rientravano ai loro nidi, dopo una giornata di girovagare. “E’ tutto così surreale” pensava Stefano, guardando Lisìope con la coda dell’occhio e cercando di non far vedere che la osservava. “Lui mi sta osservando” diceva Lisìope tra sé e sé, “e fa finta di non farlo.” “E’ bellissima; si vede che qui si sente a casa sua, eppure non pare di questi luoghi.” “Sicuramente si starà chiedendo cosa ci faccia io qui” – pensava Lisìope. E mentre un sole impertinente si sporgeva a baciare la luna ancora sonnacchiosa e timida, i pensieri di Stefano e Lisìope si rincorrevano  dall’uno all’altro, come su una giostra che girava sempre più veloce i cui cavalli non si incontrano mai, ma sono vicini, molto vicini. Giunse il momento in cui il sole si dissolse nel mare. Lisìope guardò Stefano e senza dire una parola, gli si avvicinò e appoggiò le sue labbra alla guancia. Un calore improvviso ed inaspettato percorse il corpo della ragazza che non voleva, non riusciva a staccarsi da quel viso. Improvviso il ricordo del male tornò alla mente e ruppe l’incanto. Lisìope si scostò e senza guardarlo, sussurrò un grazie molto imbarazzato. Poi si avvicinò al bordo della barca e senza voltarsi si tuffò nelle calde acque del tramonto, iniziando a nuotare verso riva. Lì giunta, raccolse alcuni oggetti dalla sabbia e si allontanò velocemente, facendo perdere ogni traccia di sé dietro la vegetazione. Era quasi notte quando Stefano si decise ad avviare il motore della barca per tornare al porto. Era rimasto lì a farsi dondolare dalla barca, mentre la sua mente veniva attraversata da mille pensieri, da infinite domande. Era come se quell'incontro avesse squarciato il velo della quotidianità che tanto lo attanagliava in quel periodo. Era rimasto sperando in un ritorno improvviso di Lisìope. Era rimasto come se il suo partire subito potesse, in qualche modo, cancellare il ricordo di quell’incontro. Lì, con la mano che indugiava sulla guancia come a voler toccare quelle labbra che poco prima l’avevano sfiorata. “La rivedrò ancora?” si chiedeva Stefano. A parte il nome non sapeva nulla di lei, ma era deciso a ritrovarla perché sapeva che lei era la risposta che da tanto tempo cercava. Il pensiero dominante era: “sono uno sciocco, penso e mi comporto come un adolescente!” Subito dopo però il cuore si illanguidiva in un unico pensiero: “è meraviglioso sentirsi di nuovo un ragazzo.”