Vi presento Fulvia

In fuga....


 …nella speranza,ma direi nella quasi certezza ,di vedere valorizzati e premiati  i propri sforzi …la fuga dei nostri “cervelli eccellenti”e il nostro ostinarci a tener ben saldi al loro posto, molti che il cervello lo hanno in un perenne stato di riposo,molti che non hanno ne titolo ne tanto meno meriti per starci.Da luglio, Rita, lavorerà come ricercatrice in un importante centro medico di Boston. La notizia della lettera da lei scritta al Presidente Napolitano ha rubato pochi minuti al TG e qualche pagina di giornale…in sordina,forse perché ormai il problema da lei evidenziato, non fa più notizia….rientra nella triste normalità del nostro Paese….ne ripropongo il testo.    ”Caro presidente Napolitano, chi le scrive è una non più giovane ricercatrice precaria che ha deciso di andarsene dal suo Paese portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito al la loro madre. Vado via con rabbia, con la sensazione che la mia abnegazione e la mia dedizione non siano servite a nulla. Vado via con l’intento di chiedere la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarmi, rinunciando ad essere italiana. Signor presidente, la ricerca in questo Paese è ammalata. La cronaca parla chiaro, ma oltre alla cronaca ci sono tantissime realtà che non vengono denunciate per paura di ritorsione perché, spesso, chi fa ricerca da precario, se denuncia è automaticamente espulso dal «sistema » indipendentemente dai risultati ottenuti. Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottiene, poiché in Italia la benevolenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro. Chi fa ricerca da precario deve fare i conti con il rinnovo della borsa o del contratto che gli consentirà di mantenersi senza pesare sulla propria famiglia. Non può permettersi ricorsi costosi e che molto spesso finiscono nel nulla. E poi, perché dovrebbe adire le vie legali se docenti dichiarati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver condotto concorsi universitari violando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continuato a essere eletti (dai loro colleghi!) commissari in nuovi concorsi? Io, laureata nel 1990 in Medicina e Chirurgia all’Università di Pavia, con due specialità, in Pediatria e in Genetica medica, conseguite nella medesima Università, nel 2004 ho avuto l’onore di pubblicare con primo nome un articolo sul New England Journal of Medicine i risultati della mia scoperta e cioè che alcune forme di linfoma maligno possono avere un’origine genetica e che è dunque possibile ereditare dai genitori la predisposizione a sviluppare questa forma tumorale. Tale scoperta è stata fatta oggetto di brevetto poi lasciato decadere non essendo stato ritenuto abbastanza interessante dalle istituzioni presso cui lavoravo. Di contro, illustri gruppi di ricerca stranieri hanno confermato la mia tesi che è diventata ora parte integrante dei loro progetti: ma, si sa, nemo profeta in Patria. Ottenere questi risultati mi è costato impegno e sacrifici: mettevo i bambini a dormire e di notte tornavo in laboratorio, non c’erano sabati o domeniche... Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pensionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, contratti di consulenza... Come ultimo un contratto a progetto presso l’Istituto di Genetica medica dell’Università di Pavia, finanziato dal Policlinico San Matteo di Pavia. Sia chiaro: nessuno mi imponeva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dalla forte motivazione di aiutare chi era ammalato. Nel febbraio 2005 mi sono vista costretta a interrompere la ricerca: mi era stato detto che non avrei avuto un futuro. Ho interrotto una ricerca che molti hanno giudicato promettente, e che avrebbe potuto aggiungere una tessera al puzzle che in tutto il mondo si sta cercando di completare e che potrebbe aiutarci a sconfiggere il cancro. Desidero evidenziare proprio questo: il sistema antimeritocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiutare a crescere; per questo motivo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, hanno ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca. È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostume non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con­seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Università e gli enti di ricerca come feudo privato e che così facendo distruggono la ricerca. Con molta amarezza, signor presidente, la saluto.” Rita Clementi 29 giugno 2009Penso non serva aggiungere altro….solo una personale considerazione.Ritengo che il prestigio, un Paese ,non lo raggiunga a suon di effetti speciali ma piuttosto nella costante ricerca di una qualità di vita e nell’impegno posto nel migliorarla. Investire nella ricerca in tutti i campi…medico,energetico,ambientale,ecc…e fare in modo che coloro che dedicano le proprie energie  e il proprio tempo per migliorare la vita di TUTTI noi…sia l’unica strada da percorrere.Bisogna tenerceli stretti questi ricercatori assicurando loro una stabilità lavorativa , adeguati finanziamenti per continuare nella loro missione e riconoscere pubblicamente i loro meriti.La strada per raggiungere questo prestigio non penso passi ,per esempio,su un qualsiasi grandioso ponte progettato più che per una reale e impellente necessità…unicamente per soddisfare le ambizioni di onnipotenza dei soliti quattro gatti di turno.Tutti quei posti di lavoro tanto sbandierati possono essere ugualmente assegnati per dare almeno un senso alla sua futura costruzione….necessitiamo di un ampliamento,un adeguamento,una messa in sicurezza e in molti casi del rifacimento e costruzione della rete ferroviaria e stradale dell'intero territorio,isole comprese…utilizzando fonti di energia alternativa e con il minor impatto ambientale. Ce ne sarebbe tanto di lavoro da fare,se solo lo si volesse!In campo medico che dire? Penso non siano necessarie molte parole….la ricerca in questo campo e i risultati auspicabili sono un patrimonio di tutti.Buon lavoro a tutti coloro che nonostante le avversità che incontrano nel loro percorso lavorativo,continuano con grande senso di responsabilità in un Paese che non li merita.Buon lavoro a Rita e a tutti coloro che sono costretti ad andarsene.