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« CHI VA A ROMA…“DROGA” DOPPIO ZERO »

SINDACO-BRIGATISTA

Post n°38 pubblicato il 30 Ottobre 2005 da salbarbio

Non c’è limite alle infinite possibilità della stampa. Di solito noi giornalisti raccontiamo episodi straordinari di seconda mano, nel senso che li abbiamo ascoltati da altri che li hanno vissuti in prima persona. Quella volta no, fui io in prima persona il pessimo protagonista di una vicenda al limite del paradossale, dell’incredibile, dell’assurdo. E, da buon cattivo, feci la mia vittima: il sindaco della città dove lavoravo.

Era l’anti-vigilia di Natale di una quindicina d’anni fa. Prima di chiudere “bottega” per i due canonici giorni di stop dei giornali (la vigilia e Natale), feci una bella intervista al sindaco, chiedendogli di fare un bilancio di fine anno della sua amministrazione. Il primo cittadino parlò a lungo, io limai il tutto. Mi sembrava fosse venuto fuori un bel “pezzo”. Conoscendo il sindaco, lo avevo riletto più volte: era una persona molto suscettibile. In un’altra occasione aveva preteso una lettera di scuse per una notizia non del tutto fondata, che avevamo pubblicato relativamente ad un’inchiesta sul Comune. Ma quella volta ero tranquillo: feci un titolo accattivante ma non eccessivamente brillante. Meglio volare basso, il personaggio non amava il clamore: anni dopo, divenuto braccio destro di uno degli ultimi Presidenti del Consiglio, svolgerà il suo compito egregiamente, e quasi sempre lontano dai riflettori.

Il mattino seguente, il 24 dicembre, il giornale era chiuso: andai dall’edicolante a prendere il pacco dei giornali, per portarlo in redazione, prima di partire per una brevissima vacanza. Aprii il pacco, misi un paio di copie in archivio, poi stavo per uscire con una terza copia sotto braccio, quando squillò il telefono: era il sindaco. In principio non capii bene cosa diceva, era talmente infuriato che si mangiava le parole. Le frasi con senso compiuto erano inframmezzate da bestemmie di vario genere (da quelle parti sono dei “maestri” in questo campo). Mi sedetti spaventato: non capivo che cosa era successo. All’altro capo del filo lo sentivo parlare di brigatisti, pistole… Io balbettai che non capivo di cosa parlavo, non avevo ancora letto il giornale. Ma afferrai che si riferiva all’intervista da noi pubblicata. Gli chiesi tempo per indagare, gli feci gli auguri di Natale – lui mi mandò a cagare – e gli diedi appuntamento a dopo le feste, per chiarirci.

Poi, con una goccia di sudore che mi scendeva lungo la fronte, un brivido nella schiena e le mani che mi tremavano, mi sedetti e cominciai a sfogliare il giornale. Arrivato alla pagina dell’intervista, di primo acchitto non mi parve di notare nulla di strano. Non c’erano errori nel titolo. Cominciai a leggere il testo, scorreva bene. A metà della terza colonna (era impaginato su sei), restai di sasso. Dopo una risposta ad una normale domanda, seguiva una domanda che io non avevo mai fatto: “E dove prese la pistola per quell’attentato e quella serie di rapine?” Rapine, attentati? Ma di cosa diavolo stavo parlando… Non capivo. Il mio articolo ad un certo punto lasciava il posto nella scansione delle colonne, a tutto un altro articolo, anche questo un’intervista, ma no certo al mio sindaco. Bensì, sembrava, ad un brigatista, un terrorista o qualcuno del genere, che veniva intervistato sulle sue malefatte e rispondeva ammettendo rapine, tentati omicidi e così via.

Che cosa diavolo era successo? Il nostro giornale stampava nello stesso centro stampa di un’altra testata del gruppo di cui facevamo parte. Per non si sa quale meccanismo diabolico messo in atto dalla rotativa e dai tecnici che componevano le lastre, una delle nostre pagine – quella con l’intervista al sindaco – andò sovrapposta a una dell’altro giornale – quella in cui c’era l’intervista al brigatista. Perdipiù, le due pagine si erano sovrapposte a metà: mentre in quella del mio giornale, a metà dell’intervista del sindaco, subentrava quella al brigatista; nell’altro giornale era accaduto esattamente il contrario.

La vicenda non è mai stata chiarita del tutto. Anche perché era una “composizione” così stramba, che qualunque tipografo e poligrafico l’avrebbe bocciata come impossibile, inattuabile, inverosimile. Eppure era lì sotto i miei occhi, sotto gli occhi di tutti i lettori, e in particolare del sindaco. Lui, dopo essersi sfogato la prese per fortuna a ridere. Gli bastò prendermi per il culo dieci minuti e l’incazzatura gli passò. Io per farmela passare dovetti fare una litigata feroce al telefono con il direttore del giornale, con il responsabile del centro stampa e anche con l’ufficio: nel senso che mi girarono così tanto che scaraventai in aria un paio di scrivanie e di librerie, mandando a ‘fanculo il giornale, la redazione, il centro stampa, il direttore e il giornalismo tutto.

Fu uno dei peggiori Natale che abbia mai passato da quando faccio questo lavoro. Morale: se potete, se avete tempo e possibilità, fatevi spedire via fax dalla tipografia – almeno quando l’articolo è molto importante – una copia dell’impaginato: può succedere di tutto in un giornale…

 
 
 
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