Sentimentalmente

Testimonianze...nel giorno della memoria!


 Oggi, 27 gennaio giorno della memoria, per non dimenticare  leggiamo  alcune testimonianze dei deportati.Aldo CARPI, dal libro autobiografico “Diario di Gusen”«Ricordo che a Mauthausen, mentre scendevamo lungo le scale che portavano al bagno, han fatto scendere con noi un gruppo di muselmann, come noi li avremmo chiamati dopo, che erano gli uomini mummia, i morti vivi; e li han fatti scendere insieme a noi solo per farceli vedere, perché ci facessimo subito un’idea del lager. come a dirci: diventerete così»Jona OBERSKI, dal libro autobiografico “Anni d’infanzia”«Allora vidi i morti. Erano fagotti fatti di lenzuola. Da alcuni sporgevano gambe e braccia. Certi corpi erano nudi. Altri avevano ancora i calzoni. Giacevano lì, gettati disordinatamente uno sopra l’altro, per verso e per traverso. Uno stava rovesciato all'indietro in cima la mucchio, la testa gli penzolava giù. Aveva grandi occhi scuri e braccia penzoloni, molto magro. Un altro giaceva con la testa posata su un braccio teso. L’altro braccio non c'era. Sparsi intorno c'erano anche pezzi staccati, braccia, gambe. Cercai di scoprire qual era mio padre. Piegai la testa in tutte le possibili direzioni, di lato, mi misi a testa in giù per poter guardare tutti quei volti che stavano sbiechi o rovesciati. Ma erano tutti terribilmente uguali. E c'era anche troppa poca luce. Proprio davanti a me c'era, in cima al mucchio, un fagotto di lenzuola. Dalla forma si vedeva benissimo che c'era dentro un corpo. Che fosse mio padre? Vicinissimo, davanti a me c'era un corpo sul pavimento, nudo, voltato a pancia in giù. La testa era voltata di lato. Che fosse quello mio padre? La testa rasata l'avevano tutti. No, mio padre non c'era. Doveva essere ancora nella baracca dell'infermeria. E poi lo avrebbero sepolto»Mimma PAULESU QUERCIOLI, da “L’erba non cresceva ad Auschwitz”«La mamma le diceva: Arili, i bambini devono dormire. Hanno bisogno di sognare per crescere forti e tranquilli. lo non voglio sognare, se chiudo gli occhi vedo i tedeschi coi grandi stivali che vogliono farmi del  male. E poi ci sono gli urli e questi rumori terribili»«Un’altra volta all’appello le tennero in piedi tutta una mattina perché mancavano due prigioniere e i conti non quadravano. Si trattava di due ebree triestine che erano andate al gabinetto; la madre era molto anziana e la figlia l’aveva accompagnata. Nonostante piovesse a dirotto, fecero mettere tutte in ginocchio con le braccia alzate e così le tennero per delle ore. Finalmente trovarono le due ebree. Le portarono sul piazzale e, davanti a tutte, iniziarono il pestaggio coi calci fino a che la vecchia mori. La figlia fu portata via con lei e certamente finì al camino»«Un giorno che come sempre erano schierate per l'appello alcuni nazisti arrivarono con un sacco dentro il quale avevano chiuso un neonato, lo gettarono in alto e spararono come se facessero il tiro al piccione. Arianna restò impietrita, non osò parlare con i suoi compagni, ma pensò: questi non sono uomini, sono mostri»Elie WIESEL, da “La notte”«Le tre vittime montarono insieme sugli sgabelli. I tre colli furono infilati nei cappi allo stesso momento. Ad un segno del comandante del campo, i tre sgabelli rotolarono… Cominciò la marcia dinanzi alle forche. I due grandi non vivevano più. Le lingue cianotiche penzolavano gonfie. Ma la terza corda si muoveva ancora; così leggero, il ragazzo era ancora vivo… Stette là per più di mezz’ora, lottando tra la vita e la morte, morendo d’una lenta agonia sotto i nostri occhi. E lo dovemmo guardare bene in faccia. Era ancora vivo quando io passai. La lingua ancora rossa, gli occhi non ancora vitrei. Dietro di me, udii lo stesso di prima domandare: “Dov’è Dio adesso?” E udii una voce dentro di me rispondergli: “Dov’è? Eccolo lì - appeso a quella forca… »