Sentimentalmente

Testimonianze per non dimenticare e meditare.


Donatella Levi, Vuole sapere il nome vero o il nome falso?Padova, Il Lichene, 1995, pp. 25, 50Arrivò un amico della mamma, nel pomeriggio, con una bella automobile nera; ci fece salire, la mamma davanti con me in braccio, il papà dietro. Lasciammo i nonni e gli altri nella grande casa. Mi dispiaceva lasciare la fattoria, i cugini che rimanevano, le galline e i cani. In auto mi dissero chesaremmo andati verso Sud, in una bella città che si chiamava Roma. Il signore che era venuto a prenderci si chiamava Arnaldo e mi eracompletamente sconosciuto. Mi raccontò che a Roma avremmo trovato della gente molto buona, che a Roma c'era il Papa e c'era il Vaticano. Erano parole che non avevo mai sentito. Mi fidai di lui, era bello, alto ed elegante e diceva che mi trovava bellissima e molto brava per la mia età [circa quattro anni] Tentai di fargli delle domande, tanto lui appariva ben disposto verso di me. Mi disse che solo a Roma avrebbe risposto a tutto quello che volevo sapere, adesso dovevo ascoltare bene quello che la mamma stava per dirmi. Il discorso che mi fece la mamma era il più difficile che avessi mai sentito e le cose che dovevo imparare erano veramente complicatissime. La mamma cominciò dicendo che, da quel momento, non avrei dovuto più chiamare papà il mio papà, che per un po' di tempo lui non sarebbe stato più il mio papà, ma una persona qualsiasi, sconosciuta, tanto che avrei dovuto dire a tutti che non l'avevo mai visto prima, che faceva solamente il viaggio con noi. Il signore che guidava, invece, si chiamava Arnaldo, veniva da Parma ed era mio zio e io ero sua nipote e avrei dovuto chiamarlo sempre zio. Mi piacque l'idea di avere uno zio nuovo con la macchina; era gentile e molto bello e baciava la mano di mia madre dicendo: "Farei qualsiasi cosa per te, quando si ama, si ama!". Mi piacque come lo diceva, si sentiva da come lo diceva che era proprio vero che amava tanto la mamma, eraconvincente. Ma il fatto che il mio papà, da quel giorno, non lo fosse più, mi era incomprensibile, non credevo fosse qualcosa che si poteva smettere di fare."Capisci bene," disse, additandolo, mia madre, "lui è una persona sconosciuta che tu non hai mai visto, guai se lo chiami papà! Ci metteresti in grosso pericolo! Ricordati dipendiamo da te, la nostra salvezza è nelle tue mani, da oggi tu sei la nipote dello zio Arnaldo, vieni da Parma, io sono la tua mamma e sono sua cognata". Guardai mio padre con uno sguardo che per me era un addio, ma pensai che, forse, i papà possono cambiare lavoro da un giorno all'altro; soprattutto se lo fanno per il tuo bene, per salvarti e portarti al Sud, dalla buona gente del Vaticano. Chiesi, molto intimorita, se almeno la mia mamma sarebbe rimasta la mia mamma."Sì", rispose "resterò sempre con te e resterò sempre la tua mamma, ma da oggi non mi chiamo più Renata ma Claudia, devi ricordartelo bene! Lo zio Arnaldo ci porta a Roma, tu non dovrai dire mai a nessuno neanche da dove veniamo. Tu da oggi non ti chiami più Donatella, non vieni più da Verona; adesso devi dire, a chiunque te lo chieda, che vieni da Parma e sei la nipote dello zio Arnaldo. Guardami bene, devo dirti la cosa più importante: per nessun motivo al mondo devi dire di chiamarti Levi, mai a nessuno;dimentica quei nomi, per sempre. I nostri nomi sono la cosa più pericolosa per noi, in assoluto, ricorda. Adesso ti chiami Maria Bianchi".…Con noi era salito [in ascensore] un signore, molto alto. Si era tolto il cappello e aveva salutato la mamma, con tono gentile. Fatti un po' di piani con noi, prima di uscire, tenendo la porta aperta, mi chiese: "Che bella bambina sei! Come ti chiami?".  Dimenticando tutto quello che avevo imparato, presa dall'eccitazione dell'ascensore, risposi guardandolo dritto in faccia: "Vuole sapere il nome vero o quello falso?". Il signore richiuse velocemente la porta e se ne andò senza salutare.