Scorrendo i giornali oggi mi ha incuriosito l'articolo di Paolo di Stefano_Corriere della Sera_sui personaggi storici, epici o di fantasia, che vengono proposti agli studenti attraverso lo studio della letteratura italiana, personaggi che trova insulsi, senza doti particolari, anzi personaggi , che non hanno nulla da insegnare , se si esclude Renzo Tramaglino e forse qualche personaggiodi Italo Calvino . Insomma il giornalista dell'epoca della società liquida, dell'industria 4.0, dell'evoluzione dei modelli femminili,e soprattutto quelli maschili, non indicherebbe mai ad esempio uno di questi personaggi. E ,alla luce del presente, colle sue problematiche,lontane anni luce da quelle , che accompagnavano i giorni dei nostri eroi, come dargli torto? Tuttavia questi eroi letterari non passano inutilmente nelle nostre vite,basta pensare a quanto c'e da impararare dai loro caratteri. E qui intendo la somma di quei valori eterni, vedi onestà, fedeltà , lealtà,il senso dell'onore,la centralità della famiglia, il rispetto e la devozione allo Stato di appartenenza. A me non pare poco.Ulisse e gli altriA guardare i testi letterari che si frequentano a scuola con maggiore assiduità, sono rarissimi i protagonisti maschili che si presentano come uomini equilibrati, buoni padri di famiglia, persone di cui fidarsi, compagni decenti. Un’eccezione è Renzo Tramaglino. Piaccia o no, è lui il vero eroe di Manzoni, quello che cambia, che evolve, che si migliora, che prende coscienza di sé e della società, di sé nella società. Invece, quanti mezzi falliti e cialtroni, a parte gli eroi classici. Enea in primis. Già con Ulisse qualcosa non funziona: diviso tra conoscenza estrema e nostalgia,il narciso Ulisse non conosce il senso del limite e per questo Dante lo condannerà all’Inferno. Ma a conti fatti non si potrebbe fare la stessa obiezione a Dante? Il quale è talmente superbo da attribuirsi il potere di percorrere l’aldilà distribuendo a destra e a manca punizioni e salvazioni come fosse Dio. Nell’immensa considerazione che ha di sé, il megalomane Alighieri si propone al mondo come una sorta di profeta: ma guardandosi da fuori, quante ragioni avrebbe trovato, Dante, per cacciare se stesso tra i dannati? Fatto sta che il mondo maschile che i nostri studenti attraversano nel loro percorso scolastico si presenta da subito come un panorama (per fortuna) alquanto problematico, se si pensa che la prima cantica della Commedia è quella di gran lunga più letta rendendo memorabili i maschi umanamente più simpatici ma moralmente meno raccomandabili: l’ignavo Celestino V, il lussurioso Paolo Malatesta, l’eretico Farinata, il crudele conte Ugolino… E procedendo (e semplificando) ci si potrebbe chiedere che razza di esempio di virilità finisca per rappresentare uno come Petrarca con il suo ossessivo invocare l’amata Laura e quel «fuoco di passione» mai del tutto realizzato. Per non parlare dell’ampio repertorio boccaccesco: i cui veri campioni sono, in definitiva, ser Ciappelletto e Andreuccio da Perugia. Da una parte il finto santo, bestemmiatore e peccatore indefesso; dall’altra il giovane mercante che da sprovveduto deve farsi a sua volta ingannatore ingegnoso per sfuggire ai tranelli femminili. Insomma, l’uomo-personaggio, che nella letteratura europea nasce con l’armatura del cavaliere in ambasce belliche e amorose, mette in scena la propria debolezza nei confronti dell’altro sesso (debolezza letteraria inversamente proporzionale alle reali gerarchie sociali): per essere simpatico deve mettersi in maschera, indossare abiti perversi o truculenti o super eroici; quando non finge (o finge di non fingere, direbbe Pessoa) appare antipatico e melenso, triste, malinconico.
Esiste il modello d'uomo?
Scorrendo i giornali oggi mi ha incuriosito l'articolo di Paolo di Stefano_Corriere della Sera_sui personaggi storici, epici o di fantasia, che vengono proposti agli studenti attraverso lo studio della letteratura italiana, personaggi che trova insulsi, senza doti particolari, anzi personaggi , che non hanno nulla da insegnare , se si esclude Renzo Tramaglino e forse qualche personaggiodi Italo Calvino . Insomma il giornalista dell'epoca della società liquida, dell'industria 4.0, dell'evoluzione dei modelli femminili,e soprattutto quelli maschili, non indicherebbe mai ad esempio uno di questi personaggi. E ,alla luce del presente, colle sue problematiche,lontane anni luce da quelle , che accompagnavano i giorni dei nostri eroi, come dargli torto? Tuttavia questi eroi letterari non passano inutilmente nelle nostre vite,basta pensare a quanto c'e da impararare dai loro caratteri. E qui intendo la somma di quei valori eterni, vedi onestà, fedeltà , lealtà,il senso dell'onore,la centralità della famiglia, il rispetto e la devozione allo Stato di appartenenza. A me non pare poco.Ulisse e gli altriA guardare i testi letterari che si frequentano a scuola con maggiore assiduità, sono rarissimi i protagonisti maschili che si presentano come uomini equilibrati, buoni padri di famiglia, persone di cui fidarsi, compagni decenti. Un’eccezione è Renzo Tramaglino. Piaccia o no, è lui il vero eroe di Manzoni, quello che cambia, che evolve, che si migliora, che prende coscienza di sé e della società, di sé nella società. Invece, quanti mezzi falliti e cialtroni, a parte gli eroi classici. Enea in primis. Già con Ulisse qualcosa non funziona: diviso tra conoscenza estrema e nostalgia,il narciso Ulisse non conosce il senso del limite e per questo Dante lo condannerà all’Inferno. Ma a conti fatti non si potrebbe fare la stessa obiezione a Dante? Il quale è talmente superbo da attribuirsi il potere di percorrere l’aldilà distribuendo a destra e a manca punizioni e salvazioni come fosse Dio. Nell’immensa considerazione che ha di sé, il megalomane Alighieri si propone al mondo come una sorta di profeta: ma guardandosi da fuori, quante ragioni avrebbe trovato, Dante, per cacciare se stesso tra i dannati? Fatto sta che il mondo maschile che i nostri studenti attraversano nel loro percorso scolastico si presenta da subito come un panorama (per fortuna) alquanto problematico, se si pensa che la prima cantica della Commedia è quella di gran lunga più letta rendendo memorabili i maschi umanamente più simpatici ma moralmente meno raccomandabili: l’ignavo Celestino V, il lussurioso Paolo Malatesta, l’eretico Farinata, il crudele conte Ugolino… E procedendo (e semplificando) ci si potrebbe chiedere che razza di esempio di virilità finisca per rappresentare uno come Petrarca con il suo ossessivo invocare l’amata Laura e quel «fuoco di passione» mai del tutto realizzato. Per non parlare dell’ampio repertorio boccaccesco: i cui veri campioni sono, in definitiva, ser Ciappelletto e Andreuccio da Perugia. Da una parte il finto santo, bestemmiatore e peccatore indefesso; dall’altra il giovane mercante che da sprovveduto deve farsi a sua volta ingannatore ingegnoso per sfuggire ai tranelli femminili. Insomma, l’uomo-personaggio, che nella letteratura europea nasce con l’armatura del cavaliere in ambasce belliche e amorose, mette in scena la propria debolezza nei confronti dell’altro sesso (debolezza letteraria inversamente proporzionale alle reali gerarchie sociali): per essere simpatico deve mettersi in maschera, indossare abiti perversi o truculenti o super eroici; quando non finge (o finge di non fingere, direbbe Pessoa) appare antipatico e melenso, triste, malinconico.