Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino dove si può fallire e ricominciar senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta,che occupa il potere, che scippa il presente,figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare….A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene: mi riconcilia con il mio sacro poco.Pier Paolo PasoliniIl Friuli, con i suoi “monti trasparenti e un filo di ebbre nevi”, con le sue “vette incolori”, come lo definiva Pasolini, è lo sfondo per lo scrittore della sua vocazione pedagogica che lo accompagnerà per tutta la vita. Infatti la scuola e l’insegnamento hanno incrociato le varie tappe dell’esistenza di Pasolini, accompagnandolo nel suo percorso di formazione e maturità. L'esordio didattico si muove sulla novità di un metodo educativo teso a non creare o far emergere separazioni tra il maestro e i suoi alunni, ma capace di favorire un equilibrato interscambio tra alunno e insegnante. Egli voleva trasmettere ai ragazzi non solo quello che lui sapeva, ma voleva insegnare loro un pensiero ed un ragionamento libero in un periodo in cui la cultura sembrava destinata a standardizzarsi in quegli anni difficili del dopoguerra. Odi nuovi e antichi tendevano a trasferirsi nelle giovani menti. Egli voleva una libera cultura e menti che si formassero per convincimento ragionato e non solo per indottrinamento, che allora era quotidiano condito da facilitazioni sociali, che purtroppo paiono essere endemiche in ogni tempo ed in ogni luogo.
Nei giovani il futuro da programmare...
Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino dove si può fallire e ricominciar senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta,che occupa il potere, che scippa il presente,figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare….A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene: mi riconcilia con il mio sacro poco.Pier Paolo PasoliniIl Friuli, con i suoi “monti trasparenti e un filo di ebbre nevi”, con le sue “vette incolori”, come lo definiva Pasolini, è lo sfondo per lo scrittore della sua vocazione pedagogica che lo accompagnerà per tutta la vita. Infatti la scuola e l’insegnamento hanno incrociato le varie tappe dell’esistenza di Pasolini, accompagnandolo nel suo percorso di formazione e maturità. L'esordio didattico si muove sulla novità di un metodo educativo teso a non creare o far emergere separazioni tra il maestro e i suoi alunni, ma capace di favorire un equilibrato interscambio tra alunno e insegnante. Egli voleva trasmettere ai ragazzi non solo quello che lui sapeva, ma voleva insegnare loro un pensiero ed un ragionamento libero in un periodo in cui la cultura sembrava destinata a standardizzarsi in quegli anni difficili del dopoguerra. Odi nuovi e antichi tendevano a trasferirsi nelle giovani menti. Egli voleva una libera cultura e menti che si formassero per convincimento ragionato e non solo per indottrinamento, che allora era quotidiano condito da facilitazioni sociali, che purtroppo paiono essere endemiche in ogni tempo ed in ogni luogo.