Sentimentalmente

Ecco il gioco in cui siamo tutti invischiati...


 The Game di Alessandro Baricco Prima scena.Calciobalilla, flipper, videogioco. Prendetevi mezz'ora e passate dall'uno all'altro, in quest'ordine. Pensavate di giocare, invece avete attraversato lo spazio che separa una civiltà, quella analogica da un'altra, quella digitale. Siete migrati in un mondo nuovo: leggero, veloce, immateriale.Seconda scena.Prendete l'icona che per secoli ha racchiuso in sé il senso della nostra civiltà: uomo-spada-cavallo. Confrontatela con questa: uomo-tastiera-schermo. E avrete di fronte agli occhi la mutazione in atto. Un sisma che ha ridisegnato la postura di noi umani in modo spettacolare.Qualsiasi cosa si pensi del Game, è un pensiero inutile se non partedalla premessa che il Game è la nostra assicurazione conto l'incubo del Novecento. La sua strategia ha funzionato, oggi le condizioni perché una tragedia come quella si ripeta sono state smantellate. Ormai ci siamo abituati, ma non va mai dimenticato che c'è stato un tempo in cui, per un risultato del genere, avremmo dato qualsiasi cosa. Oggi, se ci chiedono in cambio di lasciare la nostra mail ci innervosiamo.Il Game c'è, funziona, ma a giocarlo è gente che inizia ad odiarlo. Tecnicamente allineata, e mentalmente dissidente.Siamo un mondo che se deve rinunciare a un po’ di qualità o poesia per guadagnare una certa velocità, lo fa volentieri. Siamo tutti figli della pentola a pressioneCercate l'intelligenza che ha generato la rivoluzione digitale: è assai piú importante che studiare quella che ne è stata generata: ne è la matrice originaria. Perché l'uomo nuovo non è quello prodotto dallo smartphone: è quello che lo ha inventato, che ne aveva bisogno  che se l'è disegnato a suo uso e consumo, che lo ha costruito per fuggire da una prigione, o rispondere a una domanda, o zittire una paura.  Abituatevi a considerare il mondo digitale come un effetto, non come una causa. Spostate lo sguardo verso il punto in cui tutto è iniziato.