Sentimentalmente

Agosto...


 Agosto. Il sole a picco brucia l’asfalto da cui sale un odore di gas/ Diesel che ha inquinato l’inverno. Con il termometro a 37 e l’umidità che fa appiccicare i vestiti addosso, li vedi che si trascinano: loro, i soliti, il popolo di agosto. Gli ultimi, i dimenticati, quelli che sono rimasti indietro e soli, i vecchi dei quali nessuno si ricorda, gli storpi che si trascinano al semaforo su carrelli che contengono anche un po’ di spesa, i folli che gesticolano da soli e parlano. Negli occhi di ciascuno lo stesso guardo senza prospettiva, come se la pupilla non potesse contenere che pochi metri e poi la vista li annebbiasse portandoli via. Agosto, il silenzio, i campi all’apice così maturi di granoturco alto che qualcuno ha pensato bene di nasconderci immondizia. La città è lenta e apatica, ci sono già pochi bambini e ora quelli che restano sono qui per motivi gravi. I genitori senza lavoro o una malattia, come l’angelo che oggi insieme ai nonni faceva la spesa col piccolo capo avvolto in un foulard e le occhiaie violacee. Agosto un po’ come capodanno: non c’è nessuno. Qualche soldo messo da parte e chi può fugge, spesso verso luoghi caotici come la città in inverno e così finisce che non si stacca mai. Agosto, poche auto e l’anima della città che viene fuori tutta come un grido che spalanca la voce di tutti questi anonimi che la folla usuale nasconde ma che esistono, e ad agosto sono i proprietari delle città. Tatiana Andena