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Post n°188 pubblicato il 28 Gennaio 2011 da gabriellatiganisava
Dov'è finito il femminismo? A prescindere dagli esiti delle indagini giudiziarie, tra le tante incertezze, omissioni, false testimonianze ed intercettazioni, emerge con grande chiarezza una cosa sola, che spaventa e crea disagio. E ossia che l’immagine della donna è fortemente compromessa. Dall’una e dall’altra parte, a destra e a sinistra. Anni di femminismo sembra siano passati invano. E’ così umiliante e doloroso apprendere come la dignità di una donna, di un essere umano, sia ancora valutabile in riferimento alla sua attività sessuale. Accusatori e accusati non sono diversi tra loro poiché entrambi obbediscono alle leggi di una società sessista e maschilista in cui il vocabolo “p…” è usato con tanta frequenza e disinvoltura. Un vocabolo che è la sintesi di una concezione strumentale della donna, della donna-oggetto, usata, mercificata. E soprattutto è anche indicativo del rapporto uomo/donna che, a quanto pare, nel XXI secolo, dopo decenni di studi di genere e di storia delle donne, non si è ancora evoluto. Dai tempi di Seneca Falls (luglio 1848) quando con la "Dichiarazione dei Sentimenti" quattro donne (tra cui Lucretia Mott) avanzavano le prime rivendicazioni di parità tra i sessi, sembra non siano trascorsi quasi due secoli. Com’è il rapporto uomo/donna oggi? E’ malato, è asimmetrico e basato sulla violenza fisica e verbale degli uomini sulle donne. Ha ragione la sociologa inglese Silvia Walby quando sostiene che il patriarcato (nell'accezione proposta da Joan Scott, inteso come il dominio secolare degli uomini sulle donne) non è stato sconfitto, non si è estinto, ma si è solamente modificato nella forma (da privato a pubblico). E questa sua presenza la si ritrova in tutti gli ambiti più importanti come il lavoro, la famiglia, lo Stato, il sesso, etc. Anche nel linguaggio quotidiano le aggressioni verbali sono frequentissime: miei coetanei si rivolgono ancora con termini quali “gnocca” “stra..…” “sventola” etc. etichettando le donne con più o meno espliciti riferimenti al corpo, alla fisicità. Ancora la donna è osservata e giudicata tenendo conto solamente di parametri fisici. Il corpo della donna è il vero soggetto non la donna in sé, la sua essenza. Quali altre lotte dovranno affrontare le donne per riuscire ad ottenere la cittadinanza umana? “Sono sole le donne in questa lotta” – ha scritto di recente la scrittrice Susanna Tamaro - e questo è vero, ma lo saranno ancora di più se non faranno assieme cordata, se non creeranno una solidarietà femminile che possa ridare loro dignità e forza, se non recupereranno il senso della propria storia, delle proprie conquiste e dei propri diritti, primo fra tutti quello di essere considerato un essere umano, degno di considerazione e di rispetto in quanto tale. M. Gabriella Tigani Sava
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