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Napoli, clonati i batteri extraterrestriMicrorganismi riprodotti in provetta. L’astrofisico Bignami: «Questo indica che può esserci vita sugli altri pianeti»MILANO - I nuovi batteri extraterrestri scoperti nelle meteoriti del museo Mineralogico di Napoli sono stati clonati e si riproducono numerosi nelle provette dei laboratori dell’Università Federico II. L’eccezionale risultato (anticipato ieri dal Corriere) ottenuto da Bruno D’Argenio e Giuseppe Geraci dell’ateneo campano, rispettivamente docenti di geologia e biologia molecolare, è stato presentato ieri a Roma nella sede dell’Agenzia spaziale italiana. «I batteri dopo essere stati riprodotti - spiega l’astrofisico Giovanni B. Bignami, direttore scientifico dell’Asi - sono stati analizzati nel loro Dna ed è emerso un genere nuovo che non ha uguali con i 18 mila tipi di codice genetico finora conosciuti». La scoperta - se sarà confermata - cambia radicalmente la spiegazione della presenza della vita sulla Terra e nel sistema solare. «Essa si sarebbe a questo punto formata, almeno come seme iniziale, nella nebulosa protoplanetaria dalla quale sono nati poi tutti i pianeti - precisa il professor Giovanni F. Bignami - e quindi questi organismi rinvenuti nelle meteoriti analizzate a Napoli possono essere trovati indifferentemente sia sui corpi planetari sia sulle meteoriti che piovono sulla Terra». Infatti gli stessi tipi di batteri battezzati «cristallomicrobi» o «Cryms» sono stati localizzati da D’Argenio e Geraci anche in cinquanta campioni di rocce terrestri, alcune vecchie di 3,8 miliardi di anni e prelevate in diversi continenti. I microrganismi, quando vengono a contatto con una soluzione fisiologica secondo un metodo molto facile da riprodurre, «diventano visibili e si muovono», cioè si riattivano, come hanno spiegato gli scopritori che hanno lavorato anche in collaborazione con l’Istituto Geomare del Cnr. Una volta tornati in vita sono stati anche facilmente clonati. «La probabilità che i campioni siano stati contaminati da batteri terrestri è molto bassa - precisa il direttore dell’Agenzia spaziale italiana -. Del resto sono stati trovati pure in campioni sterilizzati in laboratorio con temperature di 950 gradi. E sempre sono tornati a rivivere». Nelle meteoriti vecchie 4,5 miliardi di anni, infatti, rimangono in una condizione di «animazione sospesa», dormiente, come l’anno chiamata i ricercatori. Gli archeobatteri sono stati quindi «resuscitati». Ora i risultati e i metodi della ricerca saranno pubblicati su Internet e potranno essere esaminati dalla comunità scientifica internazionale, che non tarderà a farsi sentire. «L’Asi, intanto, sosterrà la continuazione delle ricerche - precisa il direttore scientifico dell’Agenzia - perché la caccia all’origine della vita è una delle più grandi sfide della scienza contemporanea».