Berlusconi a Genova: tra violenza e ipocrisia Martedì ero al Carlo Felice ad ascoltare il Presidente Silvio Berlusconi. Sapevo di molte persone che non erano riuscite ad entrare, ma non sapevo nulla di quello che stava succedendo fuori. Esco dal teatro quasi tra gli ultimi. Mi dirigo verso casa e insieme ad altri veniamo provocati almeno quattro-cinque volte dagli ultimi contestatori rimasti. Memore di spiacevoli esperienze passate, tiriamo innanzi senza dar loro considerazione. Certo è che questi ragazzi erano lì per provocare, insultare e denigrare i poveri idioti che "credono a Silvio". Non erano certo lì per protestare. Alcuni indossano dei caschi da moto, altri i cappellini delle felpe, altri le kefie - pensavo fossero passate di moda - ben arrotolate sul viso. Insomma tutti gli accorgimenti necessari per cercare di non essere riconosciuti, posto che il passamontagna è fuori legge. Guardando le immagini sui media, dedicate agli scontri con un rapporto di 20 ad 1 rispetto alla manifestazione, noto che i caschi servivano soprattutto a chi sapeva già di andare a scontrarsi. Credo sia difficile poter pensare ad una contestazione pacifica quando molti tra i manifestanti si presentano con questo tipo di "protezioni". In questo Paese c'è chi abusa con la violenza del sacrosanto diritto a manifestare e a esporre il proprio pensiero, riuscendo, poi, a passare per le vittime.
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Berlusconi a Genova: tra violenza e ipocrisia Martedì ero al Carlo Felice ad ascoltare il Presidente Silvio Berlusconi. Sapevo di molte persone che non erano riuscite ad entrare, ma non sapevo nulla di quello che stava succedendo fuori. Esco dal teatro quasi tra gli ultimi. Mi dirigo verso casa e insieme ad altri veniamo provocati almeno quattro-cinque volte dagli ultimi contestatori rimasti. Memore di spiacevoli esperienze passate, tiriamo innanzi senza dar loro considerazione. Certo è che questi ragazzi erano lì per provocare, insultare e denigrare i poveri idioti che "credono a Silvio". Non erano certo lì per protestare. Alcuni indossano dei caschi da moto, altri i cappellini delle felpe, altri le kefie - pensavo fossero passate di moda - ben arrotolate sul viso. Insomma tutti gli accorgimenti necessari per cercare di non essere riconosciuti, posto che il passamontagna è fuori legge. Guardando le immagini sui media, dedicate agli scontri con un rapporto di 20 ad 1 rispetto alla manifestazione, noto che i caschi servivano soprattutto a chi sapeva già di andare a scontrarsi. Credo sia difficile poter pensare ad una contestazione pacifica quando molti tra i manifestanti si presentano con questo tipo di "protezioni". In questo Paese c'è chi abusa con la violenza del sacrosanto diritto a manifestare e a esporre il proprio pensiero, riuscendo, poi, a passare per le vittime.