Area personale
Tag
Cerca in questo Blog
Menu
Chi può scrivere sul blog
« Mostre: Salgado, la mia ... | Alitalia: sindacati, sci... » |
Un Paese completamente “ripiegato” sul presente. È questo il ritratto che emerge dal venticinquesimo dell’Eurispes. Gli italiani vivono alla giornata con un misto di rassegnazione e spirito di adattamento in cui non vi è spazio per alcuna pianificazione. Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes, parla del “presentismo” come filosofia di vita dominante. E, in questo contesto, anche il rapporto degli individui con il mondo del lavoro ha accentuato le proprie criticit .
La disillusione nei confronti della rappresentanza politica – ridotta, come dimostra la manifestazione dei parlamentari al Palazzo di Giustizia di Milano, a parodia di una commedia monicelliana – fa il paio con quella per il mondo del lavoro che appare ormai privo di ogni punto di riferimento. L’articolo 1 che attribuisce carattere fondativo al lavoro, risuona come lettera morta al cospetto del numero sempre più ampio di persone in cerca di occupazione.
Oltre a scandagliare la realt , il rapporto annuale dell’Eurispes cerca di comprendere quale ne sia la percezione presso le masse. Fra i lavoratori soltanto l’8% ammette di non sentirsi sotto pressione, mentre il restante 92% ammette di accusare sintomi di stress derivanti dal lavoro e dalle mansioni svolte. Le principali fonti di stress risultano essere le scadenze (59,5%), la mancanza di tempo libero (51,7%), gli eccessivi carichi di lavoro (51,5%). Insomma, mentre ci sono milioni di disoccupati che farebbero qualsiasi cosa per mettersi alle spalle la disoccupazione, chi lavora si lamenta più che altro per gli eccessivi carichi di lavoro, mentre la precariet lavorativa (28%) o i rapporti con i colleghi (27,8%) vengono percepiti come critici solamente da una parte minoritaria degli intervistati.
Su percentuali leggermente più basse (23,5%) si attestano coloro che ammettono di avere subito qualche forma di sopruso o persecuzione da parte del datore di lavoro. Sul “banco degli imputati” ci sono i superiori (87,6%), anche se resta alta la percentuale (39,2%) di coloro che si ritengono vittime di mobbing da parte dei colleghi di lavoro.
Ma come si arriva al tanto agognato posto di lavoro? Se il 27% ammette di averlo trovato tramite candidatura spontanea, il 21% confessa di essere stato “raccomandato” da qualche conoscente. Soltanto il 9,1% è passato attraverso un Centro per l’Impiego (4%) o un’Agenzia per il lavoro (5,1%).
È la pianificazione del futuro a entrare in crisi: secondo il 64,1% non è possibile fare progetti. Non è molto diversa la percentuale (61,3%) di coloro che affermano come la propria occupazione non consenta di sostenere spese importanti come il mutuo o l’acquisto di un’automobile. Per quasi un terzo dei lavoratori (30%) la famiglia è percepita come un rifugio e una fonte di sostentamento, mentre c’è un 53,5% che afferma di non essere più in grado di fornire un adeguato sostentamento economico al proprio nucleo famigliare.
Un disagio diffuso, intergenerazionale ed incontrollabile. Se, costituzionalmente, l’Italia dovrebbe fondarsi sul lavoro, è sul lavoro che si fondano quantomeno le reiterate istanze di chi si mobilita per il cambiamento. Peccato, davvero un peccato, che buona parte dell’arco costituzionale faccia orecchie da mercante.
![]() |
https://blog.libero.it/gandmaza/trackback.php?msg=11980786
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun Trackback