La stanza e la sfera

1.2


Il signor Yasha se ne stava seduto per terra, con la schiena appoggiata al muro, in una posizione non troppo comoda per le sue stanche ossa, ma neanche così scomoda a convincerlo di cambiarla. Aspirava il fumo a grandi boccate, lentamente, con una calma assolutamente innaturale per la situazione in cui tutti loro si trovavano. La frenesia degli altri occupanti della stanza non sembrava turbarlo: egli rimaneva a guardare mentre questi schizzavano come palline da flipper da un angolo all'altro dell'appartamento, gridando, battendo contro vetri e porte, alla ricerca di una via d'uscita... o almeno di una spiegazione. Non era chiaro quale arcana magia li trattenesse tutti lì dentro, e ogni tentativo di fuga si era rivelato inutile.Come ultima cosa venne riesaminata la sfera... ma su quella c'era ben poco da vedere: non era altro che una grossa palla di metallo nero, del diametro di circa un metro, assolutamente inamovibile. L'unico indizio utile, forse, era il cartello appeso alla parete: era fatto di cartone, ricavato probabilmente da uno scatolone, e attaccato al muro con dello scotch da pacchi. Era scritto con pennarello blu, in calligrafia anche bella, se vogliamo."Caro signore, se vogliamo capire qualcosa di questa situazione, dobbiamo impegnarci tutti!" lo apostrofò Midori con acidità.Il signor Yasha alzò appena lo sguardo su quella brutta donna dalla ridicola montatura d'occhiali e come unica risposta espirò una nuvola di fumo. La donna borbottò e sembrava sul punto di lasciarlo stare, ma poi ci ripensò e cominciò ad urlare:"Vuole, PER CORTESIA, alzarsi e darci una mano nella ricerche??""Qua non c'è nulla da trovare," rispose Yasha in tutta calma "anzi, qua non c'è proprio nulla."Mentre parlava, tuttavia, fece uno sforzo per alzarsi: l'esperienza gli aveva insegnato che il modo più rapido per trattare con quel genere di donna (e per "trattare" Yasha intendeva "zittire") era di assecondarla. E il signor Yasha di esperienza negativa ne aveva accumulato parecchia nella vita: un matrimonio fallito, un lavoro noioso e stressante, una causa in corso per frode fiscale, un'operazione malriuscita ad un ginocchio che poi aveva deciso di lasciar marcire assieme ai suoi polmoni, al suo fegato e a tutta la sua vita. Il signor Yasha era stanco. E sebbene di indole orgogliosa si era abituato a scegliere sempre quello che reputava il male minore, anche se questo significava abbassare la testa di fronte al primo stronzo (o alla prima stronza) che incontrava.Alla fine tutti dovettero arrendersi all'evidenza: da quel luogo non c'era via d'uscita!