revenge of music

MITY SIMONETTO ARTEFICE IMMAGINE SILVIO BERLUSCONI


Un articolo esclusivo sulla donna che per 20 anni ha affiancato e approvato le scelte di comunicazione,immagine dei sig Silvio Berlusconi.Mity dice che Silvio Berlusconi ama il MIlan,il teatro,la famiglia,i figli l'estetica .«Ogni minimo particolare deve essere curato, mi diceva il Dottore. È un perfezionista dell'immagine, tra me e lui non so chi fosse più pignolo».Mity Simonetto perfezionista comunicazionee Silvio Berlusconi perfezionista  immagine.Quando nel 1994 decise di scendere in campo si trasferì con lui a Roma e lo aiutò a entrare nelle case degli italiani. Sono suoi infatti i primi video-messaggi che aprirono la strada al  ventennio berlusconiano.Quando ha conosciuto Berlusconi? Nel 1982 lavoravo come programmatrice di film ad Antenna Nord,  Berlusconi acquistò la rete, che diventò Italia1 e chiese a noi dipendenti se volevamo andare con lui o restare alla Rusconi.Mity dice che si fece conquistare volontariamente e  così decise di seguirlo. Fece l'addetto stampa per Italia 1 sino a quando nel 1990 Berlusconi chiese un professionista che gli curasse l'immagine.  Giovanni Belingardi la  portò ad Arcore: «Io negli occhi di una persona devo vedere le bollicine», mi disse il Dottore in un colloquio di cinque minuti, che si concluse: «Allora inizia domani?»R. Accettò l'incarico?Sì, ma pensai: da che parte comincio? Il Dottore ha avuto questa idea, mi dirà lui cosa fare. Allora non c'era nessuno che facesse questo lavoro e a cui ispirarsi. Quando mandavo lettere di presentazione o comunicati con l'intestazione: ufficio immagine, mi ritornavano indietro. Così iniziai a fare liste di giornali, individuare i giornalisti da seguire, cercare negli archivi, fissare appuntamenti con i direttori delle testate.R. E cosa diceva? Buongiorno mi chiamo Mity Simonetto vorrei incontrarla per curare la promozione del Dottor Berlusconi e delle sue trasmissioni. All'inizio il Dottore era un infatti un imprenditore televisivo e il presidente di una squadra di calcio. Durante i nostri viaggi in aereo si discuteva se 'comprare' Jonny Dorelli o Raffaella Carrà.R. Ma dopo quattro anni tutto cambiò. Un giorno alla fine del 1993, mi chiamò il mio ex capo Belingardi e mi disse: «Guarda che Berlusconi potrebbe diventare primo ministro». E io gli dissi: «Ma sei pazzo? Sta facendo la televisione».R. Invece aveva ragione.Nel 1994 ci trasferimmo a Roma. Mi inventai un servizio del governo che consisteva nel fare dei filmati del presidente con una buona regia e le luci giuste, perché pensavo che le società di comunicazione e molte televisioni anche piccole non avessero la possibilità di fare dei bei servizi. Noi li offrivamo gratuitamente.R. Il prodotto da confezionare era Berlusconi.Era come il miele, bastava produrre qualsiasi cosa e il giorno dopo dieci direttori mi chiedevano di dare loro i servizi. Oganizzavamo tutto, dall'ideare la scenografia di un palco a dove posizionare le telecamere e i fotografi, due di scena. Il giorno dopo una convention sceglievo tra migliaia di foto quelle da mandare ai giornali, poi loro decidevano se pubblicarle.R. E funzionò?All'inizio tutti mi guardavano come fossi matta, perché dicevano che erano produzioni nostre, quindi non obiettive. R.Erano comunque filmati fatti da un ufficio stampa.Certo, ma la novità era che il comunicato anziché scritto era visivo e chi lo usava poteva prendere le parti che voleva. Certo adesso le tivù si sono moltiplicate, le conferenze stampa hanno il doppio dei giornalisti e dei cameraman. Eppure ancora oggi quelle immagini girano in tivù, perché sono belle. Come quelle per esempio di Berlusconi che camminava alla Certosa con il telefonino su e giù per il prato. R.Lei curò anche la campagna elettorale della discesa in campo e si inventò gli spot elettorali sul 'nuovo miracolo italiano'.Quegli spot segnarono un cambiamento su come porsi e creare nella politica una nuova immagine. Grazie alla anche mia esperienza televisiva, decisi ogni dettaglio: il cameraman, il direttore delle luci, quello della fotografia, che era Aldo Solbiati.R. Una squadra cinematografica al servizio della politica. Il mio team ero io, curavo gli spot, i giornali e i manifesti, poi il Dottore sceglieva tra le varie proposte: quello sul «meno tasse per tutti» fu vincente.R.Quanti ghostwriter avevate? Avevamo solo un grafico, era Berlusconi a scriversi i testi. Quei primi, che girammo nella sua casa di Macherio, sono passati alla storia perché davano l'immagine di una persona rassicurante, che parlava alla gente. Per quei video tutti ci presero in giro, ci criticarono, ora invece ci copiano tutti.L'altro giorno ho visto il video di Fini, che non era un'intervista, ma un video messaggio in cui dichiarava qualcosa, proprio come facemmo noi nel 1994.R.Sceglieva anche l'abito e la camicia?Quasi mai ho curato il look del Dottore, qualche volta mi chiedeva un consiglio sulla cravatta da metter per uno spot. Sono però riuscita a fargli indossare degli abiti che non fossero il solito doppiopetto, che a lui piaceva tanto.R.Il maglioncino è opera sua quindi? L'ho solo convinto a non sentirsi fuori luogo con una tuta o un pullover. Un giorno eravamo a Milanello, indossava scarpe da ginnastica e tuta di cachemire blu, quando ci chiamò Belingardi per dirci che doveva fare una conferenza stampa. Avevamo poco tempo, il Dottore mi disse: «Prendiamo l'elicottero e passiamo prima a casa che mi devo cambiare». E io gli risposi: «Ma scusi perché si deve cambiare, sta benissimo». Poi era un conferenza stampa sul Milan, quindi se era sportivo andava bene.