(titolo originale Smultronstället)
E’ un film diretto da Ingmar Bergman nel 1957. Ha vinto numerosi premi tra i quali: Gran premio "Orso d'oro" per il miglior film dell'anno al festival Internazionale cinematogradico di Berlino del 1958; premio della critica cinematografica al Festival di venezia 1958, al regista Ingmar Bergman.
Il professore Isaac Borg, batteriologo di fama, deve recarsi da Stoccolma a Lund, dove sara’ festeggiato il suo giubileo professionale. Ha 78 anni e si sente molto solo, vive, bisticciando spesso, con la fedele governante, Agda. Ha ancora la madre 96enne che sta per suo conto, ha un figlio medico anche lui sposato, ma senza figli; si autodefinisce cocciuto e pedante.
"I nostri rapporti con il prossimo si limitano per la maggior parte
al pettegolezzo e ad una sterile critica del suo comportamento.
Questa costatazione mi ha lentamente portato a isolarmi dalla
così detta vita sociale e mondana. Le mie giornate trascorrono in
solitudine e senza troppe emozioni”.
E' così che inizia questo capolavoro cinematografico, un uomo anziano chino sulla scrivania del suo studio sembra scrivere le sue memorie. Quelle che sembrano le memorie di una vita, sono in realtà le memorie di un sol giorno. Isaac decide di mettere per iscritto i tre protagonisti di quella che oserei definire una giornata particolare: sogni, incubi e ricordi.
"Mi decisi di metterli per iscritto così come
si erano verificati. In quel confuso
imbrigliato susseguirsi di eventi tanto strani e assurdi
mi era sembrato scoprire un movente ben determinato".
Il racconto inizia quindi con un sogno che palesa ai nostri occhi la paura dell’inquilina prossima di un corpo abbandonato dalle fragole della gioventù. Isaac si perde per le strade della città. Lo smarrimento dovuto alla mancanza di punti di riferimento, alle troppe interrogazioni che la risposta aspettavano dal tempo. Il tempo è giunto, ora non ha più senso, il domani è così fragile che non ci si può appoggiare. Isaac vede orologi senza alcuna lancetta. Il tempo non si è portato dietro le risposte. L’uomo è solo davanti l’incognita ingigantita dall’inesorabile prossimità. Il nostro protagonista vede un uomo girato di spalle, provvisto di cappotto e cappello. Prova a toccarlo, lo gira, è un fantoccio, un manichino che si sgretola poi al suolo seminando un liquido lungo la strada. Le campane suonano a lutto. Passa una carrozza funebre che urta contro un lampione. L'urto incrina la carrozza e fa cadere la bara che si rovescia proprio davanti gli occhi dell'incredulo anziano. Una mano lo afferra, l'uomo nella bara è lui.
Il sogno si spezza al risveglio. Isaac decide di andare in macchina e non più in aereo. Comunica la sua decisione ad Agda, la quale non è molto d’accordo. Meravigliosi i battibecchi tra Isaac e la governante. I due si comportano come due vecchi sposi, che conoscono pregi e difetti dell’altro alla perfezione e proprio per questo sanno dove colpire. Buffo è che si rivolgono all’altro con fare reverenziale, educatamente si insultano e bisticciano.
Isaac: "Giubileo professionale, dottore ad honorem, dovrebbero nominarmi
idiota ad honorem, invece..."
La nuora di Isaac, Marianne, decide di tornare a casa dal marito e quindi accompagna Isaac nel suo viaggio in macchina.
Isaac: "E' un vizio da uomini..."
Marianne: "E quali vizi sono concessi alle donne?"
Isaac: "piangere, partorire e far pettegolezzi"
Marianne svela a Isaac cosa pensa di lui:
“Lei non è altro che un vecchio egoista,non ha riguardo
per nessuno e in vita sua non ha ascoltato
altri che se stesso. Si cela dietro una maschera,
un paravento di bonarietà e di modi molto raffinati ma
è solo un perfetto egoista anche se tutti la definiscono
l'amico dell'umanità. Noi che la conosciamo da vicino
sappiamo chi è e non ci puo' ingannare."
E’ importante questa “confessione” per comprende quali siano i tormenti che affliggono il nostro protagonista. Quando Marianne gli rivolge queste parole ci troveremo improvvisamente sconvolti, scontenti di un simile verdetto. Isaac ci si presenterà allora come un uomo dal volto doppio. Almeno questo è stato l’effetto che ha sortito in me. Il punto è che non ci si aspetta di un uomo apparentemente buono che possa essere in verità un’egoista.
La grandezza di questo film è nel mostrare la coscienza umana al punto da farci affezionare alle imperfezioni del protagonista, farci sentire la sua nostalgia, la sua solitudine, tutto riverbera come se stessimo noi stessi vivendo dietro quegli occhi.
Gli “altri” sembrano guardare Isaac e vedere un uomo freddo, glaciale, insensibile (come dirà la moglie defunta). Noi, invece, vediamo un uomo anziano che dei suoi difetti ormai puo’ correggere poco, direi niente, lo vediamo alle prese con la somma della sua vita, tirare un totale alquanto amaro e ci impietosisce. In verità potremmo essere noi.
Ad un certo punto del viaggio Isaac decide di deviare il cammino per tornare a far visita ad un luogo di infanzia: il posto delle fragole.
"Io non so ben spiegare come avvenne ma la realtà di quel
giorno si dissolse lasciando lentamente il posto alle
immagini ancora vivide della memoria a piccoli episodi
che mi apparivano con tutta la forza di una cosa vissuta"
Il ricordo si impossessa di Isaac, a tinte vivide il paesaggio torna all’idillio dei suoi vent’anni. Vede Sara, il suo primo amore, al posto delle fragole. Vede Sara baciare Sigfrid, la vede in preda al panico, sconvolta da dissidi interiori. Sara descrive la sua relazione con Isaac. A questo punto ci accorgiamo di come tutti vedono Isaac. Lui perdona, lui capirebbe, lui suona il piano a 4 mani con lei, lui la farebbe calmare, magari le scalderebbe una tisana se lei gli dicesse di aver baciato il fratello Sigfrid.
Tutta questa calma, questa comprensione, appaiono come presunzione, come attestata superiorità, infastidiscono. Tutti lo abbandonano, lo lasciano solo o tradiscono. La moglie, persino la moglie, lo tradirà. La scena del bosco è stupenda. Isaac assiste al tradimento della moglie, assiste a quella passione, a quell’infantile spossatezza che lui non sa possedere.
"Un senso di vuoto e di tristezza mi aveva assalito quasi
con violenza..."
Prima di proseguire il viaggio incontrano tre giovani: una ragazza, di nome Sara, e due ragazzi, Victor e Anders. I tre si uniscono a loro per un passaggio. La ragazza è sfrontata, schietta, una giovane donna sempre allegra che si affeziona immediatamente a Isaac, tanto da chiamarlo Papà Isaac.
I due giovani invece sono l’uno l’opposto dell’altro: Victor votato alla scienza, Anders alla teologia.
Victor:"Come fa un uomo moderno a perdersi dietro la teologia? E lui non è
del tutto stupido..." con ironia.
Anders: "Il tuo razionalismo non è altro che insoddisfazione, perché
infondo non sei del tutto idiota".
Victor: "Io dico che l'uomo moderno è consapevole della sua
inutilità e crede solo in se stesso e nella morte biologica
tutto il resto è zero".
Anders: "per me l'uomo moderno esiste solo nella sua fantasia
l'uomo guarda la morte con angoscia e non si adatta
all'inutilità".
Victor: "comunque sia la religione è come l'oppio per i malati, se è questo
che desideri... senti qua, da piccolo credevi in Babbo natale e adesso in Dio!”.
Anders: "E tu anche da piccolo non ha avuto mai un briciolo di fantasia".
I due litigano sull’esistenza di Dio, alla fine del pranzo chiedono a Isaac il suo parere. Isaac inizialmente si astiene, poi recita, all’unisono con Marianne, queste parole:
“Dov’è l’amico che il mio cuore ansioso
ricerca ovunque senza avere mai riposo
Finito il dì ancor non l’ho trovato
e resto sconsolato
La Sua presenza è indubbia ed io la sento
in ogni fiore e in ogni spiga al vento
L’aria che io respiro e dà vigore
del Suo Amore è piena.
Nel vento dell’estate
la Sua voce intendo”.
Isaac è l’uomo di scienza e di fede al tempo stesso. Si potrebbe dire a metà strada tra Victor e Anders. Altri due personaggi rimarcano questa differenza tra fede e non fede e sono un marito e la moglie. Anche loro si uniranno per breve tratto al viaggio in macchina, in seguito ad un incidente.
"Lei ha il suo isterismo, io la mia religione. Come vede la
nostra vita è legata a filo doppio".
Ancora una volta i sogni invadono Isaac:
"Mi addormentai ma il sonno era di continuo turbato
da un susseguirsi di visioni
ossessive e umilianti che rispecchiavano una realtà
molto avvilente, erano sogni spietati che mi sconvolgevano
per la loro crudezza e
che si scolpivano nella mia coscienza
con un senso doloroso di feroce e implacabile determinazione".
Isaac vede Sara al posto delle fragole. Sara ha uno specchio in mano e dice a Isaac di specchiarsi.
Sara: "per noi l'amore è un gioco e insieme ci divertiamo, guarda la tua
faccia, prova a sorridere..."
Isaac prova a sorridere. E’ la scena più dolce e spietata che si possa vedere. Un vecchio uomo prova a sorridere, è buffo e al tempo stesso così triste. Sa di averla persa per sempre, che non tornerà. Ha 6 figli adesso. Lui invece ha un figlio che pare lo odi, sebbene rispetti.
L’ha persa per questo, per lo stesso motivo per il quale la moglie lo ha tradito e accusato che era tutta colpa sua. Lui è freddo, lui è insensibile.
Isaac: "Fa così male...".
"Come professore dovresti sapere individuare le cause del dolore,
ma non ci riesci perché sebbene tu conosca tante cose in realtà
non sai niente".
Un uomo gli parla, come fosse la sua coscienza. Questo è un vero e proprio viaggio nella psiche dell’uomo.
Isaac guarda Sara e Sigfrid da fuori la finestra. Sara suona il pianoforte, Sigfrid la bacia.
I due si siedono a tavola e consumano la vita quotidiana. Isaac è solo dietro la finestra ad osservare le sue inappetenze, a contemplare quello che non ha saputo fare, né dare.
Entra in una casa, poi in una stanza che si rivela un’aula universitaria. Ecco l’esame della coscienza. Un uomo lo mette in ridicolo con domande alle quali non riesce più a rispondere. C’è una frase sulla lavagna, è incomprensibile. Qual è il primo dovere del medico, gli chiedono. Isaac ammutolisce. D’improvviso non ricorda. E’ di chiedere perdono, gli dicono.
Professore:“Lei è reo di una colpa… sono costretto ad annotare che non ha compreso l’accusa”.
Isaac: “E’ un aggravante?”.
Professore: “Purtroppo per lei sì”.
Il verdetto dice che Isaac è un incompetente e non solo, ha commesso anche altri errori: indifferenza, egoismo, incomprensione, accuse formulate dalla moglie. La punizione è la solitudine.
Quando si sveglia Isaac intraprende una conversazione con Marianne.
"E' come se volessi dire a me stesso qualcosa che non voglio
ascoltare da sveglio...".
Marianne: "Cosa sarebbe?".
Isaac: "Che sono morto pur essendo vivo...".
Marianne: "Evald un giorno disse la stessa cosa...".
Marianna spiega ad Isaac il motivo per il quale si era allontanata da casa e dal marito. E’ incinta, il figlio di Isaac però non vuole bambini. Marianne racconta una conversazione avvenuta tra lei e il marito prima di andarsene di casa.
Evald: "Lo sai che io non voglio bambini, perciò sai che dovrai
scegliere tra me e lui...la vita è una cosa assurda ed è
bestiale mettere al mondo dei figli con la sciocca speranza che
possano vivere meglio di noi.
Io stesso fui un figlio indesiderato di un matrimonio che
era la copia dell'inferno, figlio di chissà quale padre”.
Marianna: “Sei un vigliacco”.
Evald: “Sì, ne convengo quando penso alla vita ho un senso di nausea
e non voglio responsabilità che mi leghino ad essa più di quanto
lo sia già, parlo sul serio, e non si tratta di una forma
di isterismo come forse hai sempre creduto...”.
Marianne: “Quello che dici è male”.
Evald: “Il bene o il male non esistono ma solo le necessità
e si vive secondo le proprie esigenze”.
Marianne: “E quali sarebbero?”.
Evald: “Tu hai un dannato bisogno di sentirti viva, di vivere, di
esistere in pieno e di creare la vita”.
Marianne: “E tu invece?”.
Evald: “Io vorrei essere morto, completamente morto”.
Questo dialogo riesce ad essere un validissimo spaccato sulla situazione esistenziale dell’uomo. C’è chi vive la vita sentendosi già morto.
“La morte di cui parlo riguarda l’uomo così come adesso è, è una morte che ha un dopo fatto di umanità, è una morte non morte dell’uomo di oggi, è una morte che nega un dopo a quella seconda morte. Ho paura di questa morte. Ho paura che esista davvero… Vi dicono “A cosa credete?" "Non vedete forse che Dio non c’è?” Lo avete cercato nei cassetti, tra le lenzuola e insane abitudini senza trovarlo. Vi abbandonate alla sapienza perché credete che sia necessario sapere solo ciò che possiamo esperire. Quella intanto vi toglie ogni vita, ogni significato, ogni valore. Perché come per Dio, dove potete mai giustificare ogni etica, ogni morale? “Non c’è, non c’è” vi gridano e intanto non vedete come ogni vostro gesto perde di significato, come va smarrendosi il filo conduttore della vostra vita, così che ogni gesto vale l’altro, e l’altro quello. E se tutto finisce a cosa serve amare direte voi? Forse lascerete un uomo in più sulla terra per proseguire la vostra stirpe? O sarete davvero morti fino infondo per dire che non è giusto mettere al mondo un uomo nuovo che non abbia altro di fronte a se che la morte? Vedete dove v’incamminate? Come potete amare davvero se non ha senso nemmeno quell’amore? Siete morti ahimè! Morti in tutto. Siete piccoli parassiti di una vita che non avete voluto, saputo vivere, di un dono che non avete saputo accettare, di un dono che avete scambiato per odio e rancore”.
L’uomo contemporaneo sa essere questo parassita, uno spettro perso nelle strade della sua città, come sa invece voltarsi, gridare e fuggire da quella morte.
“E io non posso, non voglio morire
amo la vita, quest’erba e l’aria”,
gli uomini sono un’avventura
straordinaria" (frase tratta dalla canzone di Vecchioni: "Il cielo di Austerlitz").
Giungono tutti alla meta. La cerimonia si compie e durante questa Isaac si rende conto di dover scrivere quanto ha vissuto quel giorno. Alla fine della giornata Isaac si corica sul letto. Marianne ed Evald sembrano voler almeno tentare di risolvere i loro problemi. Pare che l’amore sia la risposta. Marianne si cala sul letto di Isaac, lo bacia e dice di volergli bene. Isaac non riuscirà a dire al figlio tutto quanto avrebbe voluto ma si addormenta comunque più sereno e sogna: sogna il posto delle fragole, sogna Sara che gli dice di cercare il padre, “le fragole ormai sono finite”. Lui cerca e trova il padre e la madre lungo le sponde del lago, ovvero trova se stesso.
1:26:37 di Capolavoro.
Inviato da: porno_zombie
il 16/02/2012 alle 16:26
Inviato da: rubenviola1975
il 19/01/2011 alle 13:07
Inviato da: cherytamtam
il 16/10/2010 alle 00:58
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il 14/10/2010 alle 22:28
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il 14/10/2010 alle 21:09