Gasponi

APOLOGIA DELL'INSUCCESSO


Come mai un titolo del genere, se non perchè chi scrive è avvezzo alle sconfitte ?Non le mie, bensì quelle delle persone che vivono intorno a me.Esempio ? Due mie vicine, N ed I, hanno superato i 25 anni, a breve prenderanno una laurea che forse non gli garantirà neppure un'occupazione (come molti, del resto), vivono ancora con i genitori in questo sperduto paesino, escono raramente di casa e non hanno uno straccio di ragazzo.Non scrivo queste cose per criticarle, queste frasi servono solo a dare una fotografia dall'esterno della loro vita (ciò che sta all'interno, ovviamente, è insindacabile, potrebbe essere un paradiso come un inferno, e comunque non è mio diritto disquisirne).I loro caratteri sono giocosi ed a tratti goliardici, simpatici e capaci di reggere discussioni serie (una cosa rara), ma i loro volti faticano a nascondere quella sorta di infelicità che sta alla base di tutte le loro azioni, che ne condisce le giornate e, suppongo, anche i pensieri.Ogni tanto le osservo, quelle rare volte che le incontro, e tutto quello che riesco a vedere è la loro speranza, che inevitabilmente si affievolisce col passare dei giorni, di incontrare una persona speciale, nuova, che possa aiutarle a cambiare la loro vita.Non vogliono incontrare un Paperone, perchè sono ben capaci di costruirsi la propria vita da sole; piuttosto sperano di conoscere qualcuno che non hanno mai visto prima, qualcuno che non hanno incontrato neanche in quell'immenso mondo chiamato università (a riprova del fatto che, ormai, le persone speciali non sono più nemmeno lì), qualcuno che dia loro un motivo per andare avanti, dal momento che mi pare di vedere la loro gioia e la loro grinta affievolirsi.Da qualche tempo sono convinto che non è la società a generare persone insoddisfatte, che qualcuno definirebbe cinicamente "perdenti", ma le opportunità, la fortuna, il caso, le chances.Non rimprovero a N ed I la loro incapacità nello sfruttare le opportunità della vita (un'incapacità che non c'è modo di accertare, e che dunque potrebbe plausibilmente non esistere), piuttosto mi rattristo nel constatare che la vita è stata avara con loro, che forse non gli ha permesso di fare tesoro di quelle occasioni che ci servono per realizzarci, per essere felici.Se penso a quante esperienze mi sono perso, semplicemente perchè non esistevano le condizioni per poterle vivere, allora mi vedo esattamente come N ed I: divento ogni giorno più bravo a mascherare le mie incapacità attraverso la giocosità, la simpatia, ma dentro di me vige un atteggiamento mesto, speranzoso, ma mesto.Del resto, se fossi davvero felice, sarei troppo impegnato a compiacermi, piuttosto che a capire perchè le persone che incontro non sorridono.