IL FELICISSIMO

UN GIORNO UN FIORE...


Il cielo, alle volte molto azzurro, alle volte meno, dava comunque l'idea di essere un bel cielo.
La terra aveva i suoi colori, emanava i suoi odori, regalava i suoi sapori. L'uomo cominciò ad apprezzare tali meraviglie. Cominciò a "prendere confidenza" con gli elementi che lo circondavano, a sottrarli all'alone del mistero. Cominciò a sentirli a "portata di mano", a scoprirne i pregi e ricavarne agi. Poi però, ciò non gli bastò più e fece un gran casino, sovvertendo gli equilibri naturali delle cose. Tutto da allora finì per essere concepito in funzione del possesso. L'uomo intorno a se, costruiva quanto più poteva dichiarare suo e "soltanto suo"... più costruiva, più voleva, più aveva, e più costruiva... chiudendosi in una gabbia, sempre più grande, sempre più chiusa, sempre più soltanto sua.
Non riusciva più ad alzare gli occhi al cielo, a giocare con le nuvole, ad osservare i mari e giocare con le onde, ad osservar le cose e giocare con le ombre. Non ne aveva più il tempo, non ne riconosceva più il modo, non ne sapeva più il motivo. Non c'era più tempo per il gioco, tanto meno per il gioco del piacere, né per quello dell'amore. Un enorme mostro di cemento, ferro, bottoni e fili comandava il mondo, e l'uomo, con gli occhi sbarrati, come fosse cieco, avanzava senza meta verso un orizzonte che non c’era , ma che bisognava comunque conquistare e recintare,  senza differenza tra vivere e morire.
Ormai il cielo, sempre grigio, non valeva neanche la pena di guardarlo. E gli odori, erano sempre uguali: plastica bruciata o gasolina. C'era un rumore fisso di sirena che tormentava tutta la giornata e un batter di martelli che sembravano ricordarti sempre cosa fare. Con gli occhi spalancati verso il vuoto, ci si accontentava così di morire poco a poco... Un giorno un fiore spaccò l'asfalto e cominciò ad espandere il suo profumo tutt' intorno.
La gente in fila, uno dietro l'altro, si mise a guardarlo, ipnotizzati da quella impossibile esistenza. Il fiore cresceva, l'asfalto si spaccava e la gente s'accorgeva di stare li davanti a quel miracolo, rapita. Un profumo nuovo c'era nell'aria. E più lo si sentiva e più ce n'era. Ma la cosa strana, era che nessuno aveva voglia di prenderselo per portarlo via. Era come se tutti sapessero che se fosse stato carpito da quel terreno, quel fiore sarebbe morto, all'istante, e nessuno, neanche chi lo avesse colto, avrebbe più goduto di quel magnifico profumo,  perdendo il privilegio di cui si sarebbe illuso. Cominciò così un pellegrinaggio durato mille e mille anni. Ricominciarono gli uomini ad incontrarsi, sorridenti, si ritrovarono con la voglia di parlarsi, di raccontarsi, curiosi l'uno dell'altro, di sapersi. Si cominciò così a capire che il bene per se stessi era, se era per tutti...Cominciarono di nuovo a giocare con le cose, il cielo e il mare. Ricominciarono tra loro a giocare e a far l'amore e a scoprire che tra la nascita e la morte c'è un percorso, breve, ma pur sempre ricco, d'eventi, di immagini, d'incontri, di emozioni, che dovevano essere scoperte, vissute…e salvaguardate... ed era l'incantesimo meraviglioso della vita. L'uomo così riprese ad Amare, veramente… nel profondo il proprio mondo... rispettarlo. Stamattina mi è capitato di guardarlo quest'uomo nuovo: camminava, senza troppa fretta, calpestò un sasso inavvertitamente, ma non lo prese a calci, lo raccolse, ci soffiò sopra, e dopo averlo spostato, dolcemente, riprese il suo cammino, normalmente. Aveva capito che non era poi colpa del sasso se questo era finito sotto la sua scarpa.