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Diagnosi prenatale, dalla ricerca un nuovo test


Individua i feti a rischio di danno celebrale e morte intrauterina(pubblicato il 21/07/2004)Una ricerca tutta italiana, frutto della collaborazione tra l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, l’Università di Siena e l’Università Cattolica di Roma, ha realizzato un test diagnostico, di semplice esecuzione e basso costo, che consentirà di identificare già nel secondo trimestre di gravidanza i feti a rischio di danno cerebrale e di morte intrauterina. La ricerca, pubblicata nel fascicolo del 17 luglio della rivista scientifica Lancet, ha dimostrato che concentrazioni della proteina S100B nel liquido amniotico significativamente più elevate dei valori standard, consentono di distinguere i feti che andranno incontro a morte intrauterina spontanea, anche ad alcune settimane di distanza. «L’importanza della ricerca – spiega Diego Gazzolo, a capo del gruppo di ricerca genovese dell’Istituto Gaslini - risiede nel fatto che questo segnale di pericolo, indice di un danno neurologico in atto, viene manifestato in una fase precoce, quando altri strumenti diagnostici, ecografici o di laboratorio (come l’alfa-feto proteina), non sono ancora in grado di rilevare alcuna anomalia. Il test, che viene eseguito nell’ambito delle procedure dell’amniocentesi, quindi senza ulteriore stress per la madre e per il feto, fornisce utili informazioni per valutare l’appropriato accrescimento del sistema nervoso centrale del feto. Ciò è possibile - continua Gazzolo- perché la proteina S100B, un costituente cerebrale che viene rilasciato nei liquidi biologici in presenza di danno neurologico, annovera tra le sue numerose funzioni quella di essere un fattore di crescita del sistema nervoso centrale, quando le sue concentrazioni nei liquidi biologici sono nei limiti standard». La ricerca pubblicata su Lancet, costituisce l’impiego più recente, e forse finora il più interessante, della proteina S100B come marcatore biologico di danno neurologico. «Questi studi in medicina pre-perinatale, condotti negli ultimi otto anni in collaborazione con l’Istituto Gaslini – spiega il professor Fabrizio Michetti, direttore dell’Istituto di Anatomia umana e Biologia cellulare della Cattolica -, nascono da un filone di ricerca originato nei primi anni Ottanta a opera del nostro gruppo nella Facoltà di Medicina e Chirurgia Agostino Gemelli di Roma». Il principio del test è semplicissimo. «Questa molecola – considera il prof. Michetti - è una proteina normalmente presente nel sistema nervoso. La sua liberazione nei liquidi biologici in alte concentrazioni indica direttamente una lesione a carico delle cellule, tanto più estesa quanto più alta è la concentrazione della proteina liberata e, probabilmente, l’invasione da parte di questa molecola dell’ambiente in cui le cellule sono immerse nel nostro organismo, contribuisce di per sé a innescare meccanismi neurotossici che portano poi a una cascata di eventi patologici». La misurazione della proteina S100B è stata utilizzata in questi anni, in centri clinici europei e americani, su altri liquidi biologici, dal liquido cefalorachidiano, al sangue, alle urine, «evidenziando in ogni caso – continua Michetti - condizioni di sofferenza del tessuto nervoso in varie forme, come per esempio emorragie cerebrali, sclerosi multipla, tumori, spesso quando segni clinici non sono ancora evidenziabili, consentendo così un intervento precoce. È confortante il dato che, a più di venti anni dalla scoperta, l’utilità della valutazione della proteina di S100B venga costantemente confermata e ampliata». La ricerca offre importanti informazioni sullo stato fisiologico o patologico di accrescimento cerebrale del feto: a concentrazioni fisiologiche la S100B è un fattore di sviluppo, a elevate concentrazioni è un indicatore di danno cerebrale e possibile morte intrauterina.