Creato da gepidotta il 07/05/2008

Depressione ludica

ovvero due passi avanti e tre indietro

 

 

Pessima figura, signora D'Urso.

Post n°3 pubblicato il 08 Maggio 2008 da gepidotta
 

A Mattino 5,
stamattina, si parlava di attacchi di panico e se ne è parlato malissimo a
causa di due esternazioni di Barbara D’Urso.
E’ chiaro che la signora non ha mai avuto un attacco di panico in vita sua,
pur affermando di averne avuti “un paio”, altrimenti non se ne sarebbe mai
uscita con certe frasi da bignami psicologico.



Le frasi sono queste:



1) “Quando
ho avuto l’attacco di panico credevo di perdere il controllo”.



2) 
Al secondo attacco mi sono lasciata andare ad esso, non l’ho ostacolato”.



Certe stronzate, signora D’Urso, le dica ai fessi, a me no, perché



1) La
sensazione della perdita di controllo la si comprende col tempo, dopo vari
attacchi di panico. All’inizio si ha solo una terribile paura e una
sconvolgente sensazione: quella di morire da lì a poco.



2) Lasciarsi
andare all’attacco di panico, non ostacolarlo è una tappa alla quale si arriva
dopo mesi e mesi di sedute psicologiche, di sofferenza, di studio di sé, di
grave coinvolgimento emotivo, di rabbia e di perdita della libertà personale causata dal
DAP.



 Affermare, poi, di
aver avuto due attacchi di panico significa aver avuto, al massimo, un paio di
cali di pressione. Ne basta uno, vero, e la vita cambia repentinamente.

Per concludere: pessima figura a Mattino
5
, stamattina.



 

 
 
 

La ruggine

Post n°2 pubblicato il 07 Maggio 2008 da gepidotta

Ci vorrebbe un ambiente caldo e tenue per accogliere i
presunti depressi. Invece il centro di igiene mentale ha colori e odori che
sanno di metallo. Seduta su una sedia verde ho sentito invadermi dalla ruggine,
come quando stai su un treno per ore e, una volta scesa, senti l’estremo
bisogno di andarti a lavare le mani. Ecco io mi sentivo così, oggi: sopra un
treno di ruggine che viaggiava e viaggiava, dal quale io volevo scendere a
tutti i costi. Al posto del biglietto un numero, il 5.



„Il dispari mi ha sempre portato fortuna “ mi sono detta, perché
in quei momenti eterni, lenti, in slow motion, non puoi fare a meno di
attaccarti anche alla fortuna.



Avevo paura, sentivo un tremore che mi andava giù come una
gelatina stantia e temevo di perdere il controllo da un momento all’altro.



“Devo distrarmi!”.



Così, mi sono messa a guardare la fila, quella fila che
nessuno mi farà fare mai. Mai.



La fila di chi si è arreso, di chi ha girato la testa alla
vita e si fa pilotare con una pastiglia giù in gola o una puntura sul culo,
senza pensare nemmeno più che, tirando giù i pantaloni o aprendo la bocca in
modo meccanico o abitudinario, si dà ingiusta sepoltura ai moti di libertà, di
dignità, di indipendenza, di autostima, di gioia e di tristezza.



A me la tristezza, in fondo, non spaventa. Ci dormo assieme
da anni, è diventata la mia culla e, forse, è questa assuefazione che sta
diventando insopportabile. Il mio terrore di essere felice è diventata
patologica, è un panno nero avanti agli occhi ed è ora –lo so!- di abbassarlo
un po’, appena un po’.



Ho fatto il pre- colloquio. Una donna smunta e con uno
sguardo indifferente mi ha chiesto le solite cose, quelle cose che ti chiedono
anche in chat e che io rifuggo in preda all’orticaria cerebrale. Stavolta,
però, ho dovuto rispondere, rendendo opachi i miei pensieri, ma trovando uno
smisurato interesse per il suo tic che le faceva tirar su con il naso, un naso
aquilino, un naso che le stava bene, un naso che la rendeva cinica, un naso che
si mangiava tutta la sua bellezza, un naso che, forse, le aveva tolto la
dolcezza di donna.



Ho detto i cazzi miei a una donna che non aveva nulla di
materno e che nemmeno il miglior profumo di questo mondo le avrebbe mai tolto
la puzza di ruggine che si trascinava dietro.

 
 
 

Nr. 1

Post n°1 pubblicato il 07 Maggio 2008 da gepidotta
 

Ho bisogno di un angolo piccolo piccolo tutto mio, dove nascondermi
dalle persone che mi guardano quando io non le guardo, che non sanno
dirmi nulla che non sia il falso di fronte alla mia persona. Mi voglio
nascondere dalla solarità obbligata, dalla pioggia che non si regala il
giusto sfogo, dai rumori delle vettovaglie e dei grandi
elettrodomestici. Ma soprattutto voglio essere libera di sputare
malinconia quanto mi pare.

 
 
 

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