GERO, REC BOARD V13

CAPOLAVORO


In questo pomeriggio caldissimo (afoso) di ferragosto, non ho trovato meglio di fare che scavicchiare dentro il mio porta dvd e tirare fuori un bellissimo capolavoro della filmografia italiana. L’artefice è di quelli di massimo rispetto, Roberto Benigni un omone che ho sempre apprezzato per la sua vitalità, per il suo essere bambino in un corpo da grande (non dimensionalmente parlando). Titolo: La Tigre e la Neve. “Ti sposerò quando vedrò qui a Roma una Tigre sotto la neve”, così intona Nicoletta Braschi Vittoria nel film, interpretando in questo modo l’amore che Attilio (Benigni) esterna per lei, un poeta che ha scritto un libro dallo stesso titolo e che sogna la sua mano tutte le notti. E’ una bella storia d’amore, forse di quelle da raccontare ai bambini per capire, commuoversi, insegnare che aldilà del mondo, dove c’è la guerra, dove c’è la disperazione, esiste un briciolo di speranza, esiste l’amore. Vittoria va in Iraq per finire un libro ma il destino gli riserva un incidente a causa di una bomba. Sta morendo ma l’amore di Attilio è così forte che lo spinge a raggiungerla, a starle accanto nonostante le difficoltà della vita, nonostante l’ambiente così pericoloso. Si batte, si inventa qualsiasi cosa pur di trovare quelle medicine, che permetteranno a Vittoria di guarire, di riprendersi e vedere “quella luce del sole che non servirebbe più a niente se non illuminasse il suo viso”. Forse perché sono un cantautore che canta l’anima, forse perché in fondo anche io sono un poeta di note, ma questo film mi ha trasmesso gioia di vivere nella semplicità delle cose, gioia di cercare l’amore in ogni cosa, nonostante tutto, nonostante tutti e poesia, quella poesia che si realizza nei sogni nei propri sogni, sognando, soffrendo e amando sempre. Riporto questo pezzo di copione che forse utilizza le parole che ho sempre cercato, nella poesia e nella musica: “Papà, tu come hai fatto a diventare un poeta? – Sapete io ero piccolino, avrò avuto 8, 9 anni ero con la mia mamma, le volevo bene ed era andata a trovare lo zio Giustino in campagna e c’era un boschetto, ad un certo punto, sapete cos’è successo, un uccellino cominciò a cantare, a fischiettare e a scendere sempre più giù fino a quando si posò sulla mia spalla, aveva scelto me in tutto il mondo, io avevo paura che andasse via e allora rimasi fermo, immobile, facevo finta di essere un albero, intanto il cuore mi batteva nel petto anzi mi sbatteva, e poi ad un tratto e volato via…avevo voglia subito di raccontarlo alla mamma no?! Mammaaaa, mammaaaaa, mammaaaaa, lei è arrivata tutta impaurita, mammaaaa un uccellino, cantava poi volava s’è posato sulla mia spalla, a me proprio a me, s’è fermato qui, c’è stato un ora, un uccellino, lei m’ha detto: ah figurati! Chissà che mi credevo e tornò a parlare con lo zio..- ma la nonna era cattiva, non le piacevano gli uccellini? – No, non era cattiva la nonna e le piacevano gli uccellini, ma non era lei, ero io che non le avevo raccontato bene quello che avevo sentito, quello che avevo provato..rimasi talmente male che dissi: mah ci sarà qualcuno al mondo che di mestiere trova le parole giuste?, che le sa mettere in un modo che quando gli batte il cuore, fa battere il cuore a quell’altro? Quel giorno decisi di fare il poeta…” Sembra assurdo ma questo è il segreto della scrittura, questo è il motivo per cui alcuni riescono a farsi leggere l’anima attraverso le poesia, attraverso le prose, attraverso le canzoni. Io mi sono emozionato e non vi nascondo che ho pianto. Un capolavoro.