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La dinastia dei Brueghel in mostra


In un momento storico in cui la classe media appare in contrazione, una mostra racconta alcuni momenti decisivi per la sua nascita. La dinastia dei Brueghel ne rispecchia le sorti. Fiorita ad Anversa, capitale dei commerci a metà Cinquecento, prende le mosse proprio da quel mondo in transito dal feudalesimo all’era moderna, dalla servitù della gleba all’emancipazione della prima borghesia.
Cent’anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre, la pittura di Pieter Brueghel il Vecchio appare ancor di più come qualcosa di rivoluzionario: è vitale, grottesca e mondana. Descrive la nuova situazione dell’umanità che, dopo l’oscurantismo del Medio Evo e con la riforma protestante in atto nelle Fiandre del XVI secolo, si ispira all’uomo della polis greca o della Roma antica. La trasformazione della sua bottega d’arte in un marchio di fabbrica vitale e longevo (cinque generazioni e 150 anni di durata fanno dello studio ipertrofico di Jeff Koons un degno epigono) offrirà un esempio di continuità sostenuta anche dal fatto che i suoi temi, le sue intuizioni e il suo stile saranno fonte d’ispirazione e guida per i discendenti, inclusi cognati e generi acquisiti, artisti anch’essi. Ciascuno di loro si concentrerà spesso su uno dei filoni indicati dal capostipite, in conformità con il dettato moderno della specializzazione: Abraham Brueghel si dedicherà alle nature morte, Jan Brueghel il Vecchio ai velluti, Marten van Cleve ai matrimoni contadini.