C’è tutta l’epopea dell’artista colombiano nella prima grande retrospettiva italiana ospite del Complesso del Vittoriano di Roma nel cinquantenario della sua fortunata carriera.
Di sicuro ci vogliono “occhi freschi e privi di pregiudizi” per guardare l’arte di Fernando Botero (Medellín, 1932), con la sua inconfondibile cifra stilistica. Mai scalfita dal senso estetico comune o da nuovi canoni di bellezza. Sempre fedele a quella dimensione “parrocchiale” legata alla realtà a lui nota di Medellín. È così che Botero è entrato nell’Olimpo dei grandi artisti non senza scossoni per quelle “semplicistiche caricature di figure in carne, inserite in soleggiati contesti familiari”, come ha scritto Rosalind Krauss. Ben più di un’ingenua visione infantile o di una geniale operazione di marketing. Fino ad agosto, il Complesso del Vittoriano ospita una cinquantina di opere provenienti da tutto il mondo, a cominciare dalla scultura in bronzo del Cavallo con briglie all’esterno del museo, novello Cavallo di Troia che conquista la città con la pienezza delle sue forme pure. “Credo molto nel volume, in questa sensualità, che nella pittura suscita piacere. Un quadro è un ritmo di volumi colorati, in cui l’immagine assume il ruolo di pretesto”, afferma l’artista.