A R T E

"Forse adesso possiamo sentire meglio quello che provano queste persone"


C’è chi interpreta le raccomandazioni della sicurezza con spavalderia e superficialità, mostrandosi scettico ed evitando di credere alle “catastrofiche” notizie dei telegiornali, continuando ad affollare pub, centri commerciali o i circoli bocciofili dove una birretta passata di mano in mano o una partitella a carte a distanza ravvicinata, corredata da urli, tosse e starnuti, non può farci alcun male, anzi ci distrae. Costoro sono inclini a un pensiero magico, considerano le regole esagerazioni, sfoggiano un sorrisetto spavaldo e sprezzante per chi si mostra disciplinato....Ma questa epidemia, con l’identificazione delle zone rosse, introduce un altro elemento: l’ansia di non poter attraversare i confini, la paura di non poter disporre, a proprio piacimento, della vicinanza dell’altro, delle persone della propria famiglia di origine. Ormai è usuale per i giovani studiare o lavorare fuori del loro luogo di nascita, ma il cordone ombelicale rimane attaccato alla propria terra, alle proprie origini, ed è importante che le vie di ricongiungimento vengano lasciate aperte.
Di notte alla stazione di Milano le persone si affollavano per tornare a casa prima di rimanere bloccate. Probabilmente erano le persone più giovani della famiglia, i migranti interni, coloro che avevano avuto la forza di uscire da un paese o da una regione che offriva meno per cercare lavoro o andare a studiare in una regione con maggiori opportunità, persone che in quel momento sentivano l’urgenza di ricongiungersi alla famiglia o per proteggere o per essere protetti prima di essere bloccati da qualcosa di invisibile, misterioso e terrorizzante che stava accadendo.