Giacomattanze

Non vedo, non-sense, non parto


Quel giorno delle formiche m’ero svegliato che stavo sognando di prendere due fave con un piccione rabdomante. Trillò la sveglia, poi il cellulare, poi il microonde. Poi trillò Trilly, che tutte le mattine fa lo squillo a Peter Pan-nà a piglià er cornetto. Risposi a un trillo a caso, quello del microonde: faceva le otto e trenta, puntuali ma molto calde.Avevo un appuntamento in banca per coprire un assegno, ma non ricordavo quale. Forse era quella in cui ero correntista. Una banca piccola, dove l’agente Marmora. Fa la guardia giurata: un mestiere di responsabilità, più della guardia promessa ma meno della guardia vagamente accennata.Dovevo prima sistemare le formiche, erano giorni che litigavano con le cicale per gli scherzi al citofono: “Facci entrare, lui ha fame” “Lui chi?” “Stocazzo, uahahah”. Per mediare proposi un derivato a tre mesi con spreed Euribor + 2,50% e tassazione agevolata sul capital gain, ma gli acari classificarono l’operazione come C meno meno (per inciso: uno spritz al tavolino sei euro, sotto quel letto). Allora presi una bottiglia d’alcol e diedi fuoco alla cucina, certo che avessero le autoreggenti ignifughe. Macché. Un pompiere ne spense trecento, ma ne dimostrava molte di meno.Quel giorno delle fave e delle formiche e dell’assegno in banca, allora, uscii per strada a far soldi. Prima rifilai ai cinesi tre rolex veri spacciandoli per falsi, poi con Salvini respingemmo i migranti con racchettoni molto grandi. Alla stazione caricai otto turisti sulla mountain bike dichiarandomi un taxi abusivo, ma a metà tragitto scesero perché ero senza tergicristalli. Un chilometro dopo, multato per eccesso di zelo, chiesi al vigile se conciliava. “Ho smesso a sedici anni”, rispose arrossendo.Ripiegai sul contrabbando, dopo averlo stirato. Per il resto del giorno svuotai carghi di Marlboro nel Pacifico portandoli a nuoto a Marina di Fuscaldo. Non riuscii comunque a fumarli tutti.A sera, rincasando, trovai sul cellulare trecento messaggi: metà della banca, un quarto dei parenti delle formiche, il resto del vigile che aveva ripreso a conciliare. Li cancellai consumando un’intera gomma; tranne l’ultimo, che era scritto a penna.Mi buttai sul letto, esausto. Cominciai a sognare a occhi aperti; poi li chiusi perché avevo poco segnale wifi. Ero medico di un pronto soccorso, stavolta. Ero circondato da ambulanzieri, portantini, infermieri, capitreno e due lottatori di sumo. Tutti, in coro, mi dicevano che stavolta c’era scappato il morto. E io, ostinato, mi rifiutavo d’andare a riprenderlo.