GIFRA Ponticelli

Post N° 44


Appena partiti da Napoli per rendere omaggio a Papa Giovanni Paolo, non avevo la minima idea di ciò che mi aspettasse. Non avevo considerato le ore di fila, né tanto meno la sensazione che avrei provato una volta giunti.Ero però consapevole del fatto che a quell’appuntamento non dovevo mancare; ciò che non avevo avuto la possibilità di fare quando il nostro Papa era ancora in vita, lo dovevo fare ora che era nella Casa del Padre.Avevo avuto modo, nei giorni della sua agonia e della sua morte, di approfondire la conoscenza che avevo della sua vita ed ero rimasto affascinato dal suo vigore, dal suo "non fermarsi mai", dal suo prodigarsi totale ed incondizionato per ogni uomo. Capirete che rendere omaggio ad un uomo così diventa quasi indispensabile.Volevo, anche, che nel suo silenzio Papa Woytjla mi parlasse, volevo che la sua testimonianza così grande di un "corpo" potremmo dire consumato e piagato dall’incessante amare e spezzarsi come pane per tutti noi, fosse per me segno di speranza.Non avevo idea di come ciò potesse concretizzarsi, ma mi misi in cammino, anche consapevole di partecipare ad un evento storico di portata mondiale.Non vi racconterò delle fasi concitate dell’arrivo, la lunghissima fila che per lungo tempo ci ha costretti in piedi. Vi dirò solo che più si andava avanti più cresceva l’attesa, ed insieme, la volontà di arrivarci.Racconterò solo che all’ultima svolta, quella per immettersi in via della Conciliazione, ho alzato la testa ed ho visto la Basilica di San Pietro.Una sensazione indescrivibile mi ha pervaso: vedere questa grandiosa opera , mi ha dato un attimo di pace indescrivibile, quasi a ricordarmi che se bella era quella meta terrena, chissà quanto magnifica dovrà essere la dimora che Gesù Cristo ha preparato per noi nei cieli.Andando avanti l’attesa cresceva e, mi spiace dirlo, crescendo la stanchezza a volte è sfociata in frustrazione, che mi ha dato la consapevolezza della mia debolezza e della mia fragilità, quasi a ricordarmi che il mio cammino è ancora lungo.Gli ultimi passi in piazza San Pietro sono stati completamente pervasi da assoluto silenzio, pur essendo in mezzo a centinaia di persone, avevo la sensazione di essere solo con lui, con il Santo Padre.Entrato in Basilica, ancora una volta lo stupore e la magnificenza mi hanno colpito, ma ormai non vi era altro pensiero che per il papa, ed eccolo finalmente…Dentro di me vi era come un contrasto: il papa era lì morto di fronte a me, ma io sapevo che non era finita lì, la sua avventura meravigliosa non poteva finire così. E allora nonostante l’amarezza che, cominciata nei giorni passati trovava lì il suo culmine, sapevo e credevo fermamente nella speranza che lui era ormai nelle braccia del Padre; ed il suo abito così solenne, che quasi contrastava con la sua semplicità in vita, mi ha dato la piena coscienza del fatto che chi sulla terra si fa servo di tutti, come il papa stesso amava definirsi, ovvero, Servo dei servi, diventerà primo ed otterrà la beatitudine che la misericordia di Dio concede a piene mani.Scavando più in profondità dentro di me, trovo un segno che non saprei ridire con le parole, ma che è ancora presente dentro di me.Potrei forse ricollegarlo ad un impegno che tacitamente ho preso: che il mio rendere omaggio non finisca lì, ma che continui con l’ascoltare il suo insegnamento, e col cercare di metterlo in pratica.Un’altra speranza mi ha lasciato questo pellegrinaggio: che tutte le persone transitate di fronte a lui, siano state toccate nelle coscienze, cosicché il prodigarsi di quest’uomo eccezionale non vada sprecato.Questo è il seme gettato dentro di me, spero che né gli uccelli, né le spine, né l’impazienza ostacolino il suo morire ed il suo crescere in me.