Il gioco

William Shakespeare


Giulio CesareBRUTO: Con la sua morte? Sia, poiché si deve. E' per il bene Pubblico: ché io non ho, personalmente, alcun motivo per avversarlo. aspira alla corona: fino a che punto, questo, potrebbe imbastardirgli il carattere; è tutto lì. E' il sole pieno a trar la vipera dalla tana: questo potrebbe persuaderci a procedere cauti. La corona a lui? Già, come a dire prestargli l'arma per farci danno a suo talento. Dove potenza e carità vanno disgiunte, lì è abuso di grandezza. Vero è che onestamente non potrei affermare che Cesare abbia mai fatto prevalere le sue passioni sulla sua ragione. Ma è comune esperienza che l'umiltà è la scala dell'ambizione ai primi passi: e chi vi sale va su di faccia, ma una volta arrivato in cima all'ultimo gradino, alla scala volge le spalle, disperezzando, col naso tra le nuvole, i gradini più bassi che lo hanno portato fin  lassù. Così Cesare, ptrebbe. E allora, perchè egli non possa, prevenire. Chè se il discorso non s'intona con quello che è il Cesare d'oggi, allora mettiamola così: quello che oggi egli è, se crescerà, potrà arrivare a questo o a quell'altro eccesso: dunque consideriamomolo un uovo di serpente che, covato, potrebbe anche, com'è sua natura, crescer nocivo: e uccidiamolo in guscio.