Giornalista per caso

BRACCIO DI FERRA AIC-LEGA: "SENZA CONTRATTO NON GIOCHIAMO"


ROMA –  Bluff, volontà di emulare i colleghi spagnoli o reale atto di forza? A sentire il presidente dell'Aic, Tommasi - che ieri si è riunito a Milano con i vertici dell'Assocalciatori e con una rappresentativa dei capitani delle squadre di serie A - stavolta non si scherza: «Se non si firma il nuovo accordo collettivo, la prima giornata sarà posticipata». E guai a considerarla un'intimidazione: «Dopo un anno questa non può essere considerata una minaccia. Il fatto è che non si può cominciare il campionato senza l'accordo collettivo». Difficile dargli torto. Da quando la firma era data per imminente (dicembre 2010), di tempo (invano) ne è trascorso e  il tema del contendere – apparentemente - rimane sempre lo stesso. Si tratta del famigerato articolo 7 del contratto collettivo di lavoro, quello che prevede (o meglio prevedeva, visto che è scaduto il 30 giugno del 2010) che il «calciatore in ogni caso ha diritto di partecipare agli allenamenti e alla preparazione pre-campionato con la prima squadra». Nel vuoto di potere che si è creato, molti club quest'estate hanno agito come meglio credevano. La Roma, ad esempio, per il ritiro di Riscone non ha convocato i vari Simplicio, Okaka, Guberti, Antunes, Barusso, Virga e D'Alessandro, lasciandoli a Trigoria. Solamente due anni fa, una cosa del genere avrebbe creato il finimondo (vedi i casi di Ledesma e Pandev, ndc). La regola è certamente vecchia, risale al 1986, e appartiene ad un calcio che non esiste più, quello dove le rose erano composte al massimo da 22-23 calciatori, terzo portiere incluso. I presidenti, Lotito in testa, vorrebbero avere mano libera mentre il sindacato si oppone, temendo casi di mobbing. Quello dell'articolo 7, in realtà, sembra però essere un falso problema che nasconde altre battaglie di potere che si stanno combattendo nel Consiglio Federale (leggasi diritto di veto, tentativo di ridisegnare i rapporti di forza all’interno della struttura con l'unione delle quattro leghe a discapito dei calciatori e degli allenatori, ndc). Ieri il presidente Abete, non lo ha nascosto: «E' un articolo che esiste da 25 anni e ha sempre funzionato, eccezion fatta per pochi casi, tipo Pandev. Se non si firma solo per l'interpretazione, vuol dire che ci sono altri motivi. È mio dovere, comunque, fornirla ma tra tante problematiche del Paese, tutta questa attenzione mi fa vergognare come cittadino». Dopo la stilettata, arriva l'interpretazione super partes richiesta: «Quando si parla di ambiente consono alla dignità professionale del calciatore, deve intendersi evidentemente quello dedicato al gruppo di prima squadra, a cui corrisponde una facoltà della società, attraverso il suo staff tecnico, di organizzare la preparazione anche attraverso allenamenti differenziati per ragioni tecniche temporanee». Un chiaro assist all'Aic. Parola ora ai presidenti che rimangono molto divisi. Per la risposta ufficiale bisognerà attendere domani quando a Roma si svolgeranno sia il Consiglio Federale che l'Assemblea di Lega, anche se ieri De Laurentiis ha già fatto capire l'aria che tira: «La Figc? Abete si deve fare da parte. Si continua a ignorare che i club sono diventati spa. A lui importa solamente che il campionato inizi». Gelida la replica del presidente federale - «Ognuno si prenderà le proprie responsabilità» - che poi rilancia sul contributo di solidarietà previsto dalla manovra aggiuntiva del Governo: «Penso sia giusto che chi ha di più debba dare di più». Dello stesso avviso Tommasi: «Abbiamo ribadito che, in qualità di normali contribuenti, pagheremo». Incredibile: per una volta, sono tutti d'accordo. STE CARARTICOLO PUBBLICATO SUL MESSAGGERO IL 23-08-11