Giornalista per caso

DRAMMA VILANOVA, MONDONICO: 'CONOSCO L'ANGOSCIA CHE STA PROVANDO'


ROMA Emiliano Mondonico è uno dei pochi sportivi che ha vissuto il dramma personale di Tito Vilanova. Guidava l’Albinoleffe quando nel gennaio del 2011 gli venne diagnosticato un tumore all’addome. Operato, tornò in panchina dopo una ventina di giorni, salvò la squadra orobica ai playout e si fermò a giugno per un nuovo intervento.Mondonico, ci racconta la sua storia personale?«Sono stati mesi difficili. Quando ti accorgi che il valore del tuo ematocrito non sale, che il peso del tuo corpo diminuisce costantemente, quando ti senti fiacco e ti rendi conto della sofferenza e del terrore di chi ti è vicino… Inutile negarlo: in quei momenti subentra il timore di non farcela. E’ soprattutto la notte che hai paura. Non riesci a dormire, ti giri nel letto e non vedi l’ora che arrivi il mattino. Chi pensa poi che una volta operato sia tutto risolto, sbaglia di grosso. Devi pensare al recupero e iniziano i controlli. Prima ogni 3 mesi, in seguito ogni sei, fino ad arrivare a quelli annuali. Ogni volta che li passi, è come se tornassi a vivere. Io sono stato fortunato: dopo avermi esportato una massa muscolare di 5 chili, seppi che era in atto un altro tumore. Dietro al rene, in una posizione balorda. Ero molto provato dal primo intervento: aspettai la fine del campionato per farmi rioperare e devo dire grazie, oltre alla mia famiglia e ai medici, al calcio che mi aiutato a sopravvivere e a non alzare bandiera bianca».Nessuno come lei può capire il dramma che sta vivendo in questo momento Vilanova.«Fare un passo indietro e rinunciare al Barcellona è un segno di grandissima onestà con se stesso e verso gli altri. È una grande persona. Quello che posso augurargli è di risolvere il problema».Quando si è sentito finalmente guarito?«Lei non ci crederà ma nel momento in cui sono stato esonerato dal Novara. La chiamata del club piemontese mi ha aiutato ma solo quando mi hanno mandato via ho capito che ero finalmente tornato. A volte, prima di quella esperienza, ero guardato in modo strano, come fossi malato. Ci voleva qualcosa di forte che mi facesse urlare: Emiliano sei guarito! Paradossalmente l’esonero mi ha regalato questa certezza. Mi ha fatto capire che non mi avevano preso per pietà e quando hanno richiamato Tesser si è chiuso il cerchio della mia malattia. Ho capito che avevo sconfitto il tumore».Ora è in pensione?«Non scherziamo. Sono ambasciatore Unicef, mi tengo in forma allenando i bambini e in un centro di alcolisti anonimi, aspettando una chiamata. A 66 anni punto sempre alle 1.100 panchine da professionista». STE CARARTICOLO PUBBLZiCATO IL 20-07-13 SU IL MESSAGGERO