Giornalista per caso

PENSIERI SPARSI: L'ARROGANZA DI LIPPI


Più che della Nazionale, è stata la sua disfatta che poi può essere assimilabile alla sconfitta della presunzione, dell'arroganza, della maleducazione e della poca sportività. Al fischio finale che ha sancito l'esclusione della nostra nazionale dai mondiali, l'oramai ex ct Lippi è sgattaiolato via come un furetto. Non ha avuto nemmeno la buona creanza di salutare il suo collega-rivale che emozionato gli si era fatto incontro per stringergli la mano. No, nemmeno questa soddisfazione ha voluto concedergli. Una disfatta iniziata tanti mesi fa. Ricordo in un ritiro alla Borghesiana quando ebbi l'ardire di fargli una domanda sulla poca qualità del gruppo che stava nascendo. La sua risposta: "Questo lo pensa lei ma non mi sembra sia un tecnico". No, Lippi aveva ragione: non sono un tecnico. Ma forse solo una persona di buon senso e con meno presunzione. Oggi anche altri che la pensavano come me se ne sono accorti: la gestione della nazionale, basata sul "non debbo spiegazioni a nessuno e faccio come mi pare" è stata un fallimento. Sarebbe bastato poco: rendere partecipe gli altri e motivare alcune decisioni. E invece il solito «non me ne frega nulla di quello che pensate voi giornalisti e la gente», scandito con il solito garbo, quasi che lei fosse una divinità scesa in terra tra noi comuni mortali. E non dica che non c'erano state avvisaglie: già lo scorso anno la Confederation Cup era stata un disastro con tutti i segnali di questo fallimento. Purtroppo la storia non le ha insegnato nulla: dopo Spagna '82 Bearzot fallì a Mexico '86, anche se lì almeno il primo turno lo passammo. Oggi abbiamo fatto peggio di Germania '74 e peggio pure della Corea del '66: la peggior nazionale di tutti i tempi. Pareggi contro Paraguay e Nuova Zelanda, sconfitta 3-2 contro la Slovacchia... L'altro giorno Lippi ha provato ad essere ironico: «I cavalli si contano al palo, Johnny, come diceva Jesse James». Un bandito, gli hanno fatto notare. E lui: «Come tanti che sono qui dentro». Solo contro tutti, la stessa strategia di Mourihno che però caro Marcello invece di Maggio aveva Maicon e al posto di Iaquinta si ritrovava con Milito, senza contare che in porta aveva Julio Cesar anziché il ragazzino spaurito Marchetti e in difesa il muro Samuel piuttosto che un calciatore in pensione come Cannavaro. Nel naufragio lippiano, non vanno comunque dimenticati gli errori di una Federazione silente e inesistente. Il presidente Abete si è affidato al "santone" non capendo che un ct a scadenza non avrebbe fatto che aumentare l'incertezza di un gruppo composto da tanti chierichetti e nessun diavoletto indispensabile per accendere la scintilla. Non dico che si doveva fare come negli spogliatoi della Lazio del '74 ma un minimo di contraddittorio, anche tecnico, sarebbe servito. E invece no: tutti soldatini, bravi a recitare la particina. Per la prima volta non è stata la nazionale di un campione: Rivera, Baggio, Conti, Rossi, Del Piero o Totti. E' stata la nazionale di Lippi, per una sua precisa scelta. Ora caro Marcello, sul carro, quello dello sconfitto, sei rimasto da solo. Solo con la tua presunzione e arroganza. E per citare Jesse James "fermo al palo"... STE CAR