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AUTORI (A-L)

AGUZZI ROMINA
ALESSANDRINI ALBERTO
ANGELETTI BENITO
ANTONIONI ALESSANDRO
BALEANI ANTONIO
BARBAROSSA ERSILIO
BARCHIESI MARIO
BARDELLI MASSIMO
BARTOLUCCI SIMONE
BASILI LUCA
BASTIANELLI GIORGIO
BELARDINELLI BRUNO
BELELLI MASSIMILIANO
BELEMMI MASSIMILIANO
BELLAGAMBA LEONARDO
BENFATTO BENIAMIMO
BETTI MARISA
BEVILACQUA ANDREA
BOCCHINI SERGIO
BONCI MARIKA
BRAMUCCI RITA
BRANCACCIO ALESSANDRA
BRANCACCIO MARINA
BRASCA PAOLO
BUCCI RICCARDO
BUFFARINI CLAUDIO
CAMERUCCI MARIA ELEONORA
CAMILLETTI CARLO
CAMILLETTI CORRADO
CAMISCIOLI PROMETEO
CANGINI LUCIANO
CAPALBO FAUSTO
CAPPIELLO SERGIO
CARBINI BENERIO
CARBONE DOMENICO
CARDINALI DANIELE
CARDONI GIANLUCA
CARLETTI ALBERTO
CARLONI ROBERTA
CARMENATI PAOLO
CASTELLANI MARCO
CASTORI SALVATORE
CATALANI LUCA
CATANI GIUSEPPE
CECCARELLI CINZIA
CESARONI FRANCESCO
CESPI CARLO
CINCIRIPINI DANIELE
CINGOLANI FRANCO
CINGOLANI ORIETTA
CIOTTI FELICE
CIPRIANI LUIGINO
CIPRIANI MICHELE
CIRILLI ROBERTO
CIUCANI GIUSEPPE
COACCI STEFANO
COPPARI FRANCESCO
COPPARI LUCA
CORINALDESI FABIO
COSTIERI DANILO
CRESCENTINI DANTE
CRISPIANI NAZZARENO
CROCIANELLI MICHELE
CUCCHI BEATRICE
CURINA ROBERTO
DINI MAURA
DOLCINI UMBERTO
DORPETTI MAURIZIO
DOTTORI FRANCO
DUCHI ROBERTO
ELEONORI ALBERTO
ESPOSTO SERAFINA
EUSEBI LORENZO
FAGOTTI FABIO
FALASCONI GIOVANNA
FALCETTA ALESSANDRO
FANGI LUCIANO
FELICETTI DANILO
FLORIANI ANTONIO
FERRACUTI FABRIZIO
FERRANTI GIAN NICOLA
FERRI PAOLO
FERRI PIO
FERRO WALTER
FIGINI ENNIO
FIGURETTI ENDRIO
FORTUNA PAOLA
FRANCIONI LUCIANO
FRATONI MANUELA
FRONZI TATIANA
GABRIELLI MAURIZIO
GASPARRI SAURO
GASPARRINI SILVIA
GENNARI GIOVANNI
GENTILINI GIOVANNI
GERINI GIORGIO
GIANFRANCESCHI ELIO
GIANMARCHI GIULIANO
GIGLI STEFANO
GIOMBINI LUCIANO
GIORDANI STEFANO
GIORGINI PIERPAOLO
GIRI FRANCESCO
GIUDICI LUIGI
GIUGGIOLONI FRANCO
GIULIANI CARLO
GIULIANI GIORGIO
GIULIETTI PAOLO
GIUNTI MICHELA
GOLFETTI MICHELA
GORI GIOVANNA
GRANDONI PAOLO
GRANNO' GIANLUCA
ILARI GIACOMO
LATINI DANIELA
LATINI OTTORINO
LILLI GIAMPIERO
LOMBARDI PAOLO
LORENZINI GIANCARLA
LUCHETTI CRISTINA

 

AUTORI (M-Z)

MACCARONI SIMONE
MACCI CRISTIAN
MACCI MARCO
MACCIONI CARLO
MAGLIO DAVIDE
MAIORFI LORENZO
MANCINI FRANCESCO
MONDOLINI MARCO
MANDOLINI MONICA
MANFROI CLAUDIO
MANZOTTI MONICA
MARCHETTI ANTONIO
MARCHINI MASSIMO
MARCONI LEONARDO
MARE' NAZZARENO
MARGARETINI GIULIANO
MARIANGELI FRANCO
MARIANI FABIO
MARINELLI GIORGIO
MARINI SAURO
MARROZZINI GIOVANNI
MARZETTI GIANFRANCO
MASSACCESI MAURO
MASSANI ANDREA
MAZZOLI MASSIMO
MEDICI FABIO
MEDICI JORIO
MEDICI MICHELE
MENGUCCI RICCARDO
MEZZANOTTE DANIELA
MICUCCI IVO ANTONIO
MIGNANELLI FABIO
MOLLARETTI VINCENZO
MONGARDINI SANDRO
MONTALBINI GRAZIELLA
MONTEMARANI ALDO
MONTESI MARCELLO
MORELLI ANTONIO
MORETTI PIERGIORGIO
MORICI LOREDANA
MUGIANESI GIORDANO
NEGRINI GIANCARLA
NICOLINI DANIELE
NICOLINI VASCO
NOBILINI GIULIA
ODDI QUINTO
OMICCIOLI ALESSANDRO
ONOFRI MARIO
ORTOLANI GIANCARLO
PAGNONI ANDREA
PAJOLA ROBERTO
PALMIERI GIAMPIERO
PALMIERI GIUSEPPE
PALMIERI LUCA
PAMIOLI MARCO
PANICCIA' MASSIMO
PAOLINELLI ELENA
PAOLINI LAURA
PAOLINI SIMONE
PARMEGIANI MARIA LUISA
PASQUINELLI CLAUDIO
PASQUINELLI ILIA
PASQUINI LUCA
PAZZI ALBERTO
PENNESI FRANCO
PERTICAROLI GIUSEPPE
PETRINI FLAVIO
PIERDICCA GIUSEPPE
PIERFEDERICI MARCO
PIERINI DANIELA
PIERINI ROBERTO
PIERONI ARIANNA
PIERONI GIORGIO
PIERPAOLI ROBERTO
PIRANI OMAR
PIRRI ALFREDO
PIZZICARA MARIA CLELIA
POLZONI ANDREA
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PRIORI MARCO
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PUCCI RAFFELLA
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QUINTAVALLE IVANO
RABEGGIANI ANNA
RICCI MORENA
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SILVESTRINI MAURIZIO
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SPECA GIUSEPPE
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TRAMANDONI MARCELLO
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VAGNINI LIVIO
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VANTAGGI MASSIMO
VENDRAMIN EMILIO
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VIDAU CORRADO
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Post N° 32

Post n°32 pubblicato il 14 Settembre 2008 da giornataparticolare



PHOTOSPOT n° 12


   Silvano Bicocchi - Tropea 2007

Dopo lo scatto: il segno!

Se il fotografo scatta immagini per sé il problema della comunicazione si riduce ai minimi termini: guardare le proprie foto é come guardarsi allo specchio. Se fotografa in famiglia dovrà confrontarsi con i parenti i quali saranno sensibili agli affetti  ponendo in secondo piano gli aspetti fotografici.

Nei due precedenti casi siamo nella fotografia privata, quando invece scattiamo una fotografia pubblica, cioè realizzata per comunicare apertamente, nasce il problema di realizzare un’immagine che parli attraverso dei segni comprensibili dalla comunità. 

Realizzare il segno fotografico è porre in relazione nel significante, cioè nell’immagine, i segni naturali e i segni artificiali presenti nella realtà. I segni artificiali hanno il significato definito per convenzione, sono un codice e pertanto l’interpretazione soggettiva non esiste; esempio: i segnali stradali, le parole. I segni naturali hanno invece il significato dedotto dalla comune esperienza, pertanto essi comunicano per condivisione della conoscenza di una specifica esperienza esistenziale; esempio: il fumo indica il fuoco, il sorriso la felicità, il pianto il dolore, ecc….

E’ immediato comprendere che i segni naturali sono infiniti e il loro significato è aperto alla cultura e alla soggettività. Pensate alle possibili infinite situazioni ambientali ed emozionali, o a quanti segni naturali possono essere espressi solo dalla fisionomia di un volto. Questa mancanza di codice spiega perché una stessa immagine trova chi la comprende e chi no!

Realizzare il segno fotografico non può ridursi al freddo assemblaggio dei segni portatori di senso verso il significato desiderato, perché non funzionerà nella comunicazione. La fotografia, per parlare, proprio per la sua natura affine alla realtà, deve essere come quest’ultima: contemporaneamente rivelatrice e misteriosa. Una volta determinati i segni portatori di senso il fotografo deve lasciarsi condurre dal proprio sentire, conscio o inconscio, verso la realizzazione di quell’immagine che lo attrae anche se in quell’attimo non capisce perchè. L’occhio vede solo ciò che conosce ma l’intuizione riconosce il mistero.

Allo scatto il segno deve sedurci, per riuscire poi a sedurre chi lo guarderà. Il suo senso più profondo sarà proprio in questa sua misteriosa capacità di seduzione.
  
Il Coordinatore artistico esterno.

Silvano Bicocchi

 
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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 15/09/08 alle 15:59 via WEB
Mi affascina sempre molto sapere cosa una mia foto o lavoro trasmette a chi la guarda, ricerca di attenzioni? direi di si. Sono d'accordo quindi, è proprio così, il fotografo deve essere un gran seduttore, sempre alla ricerca di prede da conquistare! In analogia con il corteggiamento di una donna, c'è sempre un delicato equilibrio tra razionalità e irrazionalità, se uso solo la prima quasi mai si raggiunge il risultato perchè si viene smascherati, se uso solo la seconda rischio di rovinare tutto perchè senza una progettualità commetterei un sacco di errori.. è difficile coniugare le due cose. Luca Coppari - Senigallia
(Rispondi)
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 15/09/08 alle 20:28 via WEB
Ho molto riflettuto sulla frase “Realizzare il segno fotografico non può ridursi al freddo assemblaggio dei segni portatori di senso verso il significato desiderato, perché non funzionerà nella comunicazione” e ho inteso che in questo caso sicuramente la colpa è di quei segni “artificiali”, cioè di quei segni “scontati” che anche se belli sono comunque abituali, consueti, ordinari, quotidiani. Penso che siano i responsabili che mi creano quelle situazioni in cui, il più delle volte, per non essere banale… non scatto. Infatti, spesso e volentieri, se non mi sento “emozionato”, se non mi sento “colpito” non faccio la fotografia. Può darsi pure che (forse) in quel momento non riesco a vedere il “come” (fotografare) o che il mio stato d’animo non sia predisposto a “vedere”. Certo è che questo è un punto su cui ulteriormente……… riflettere Gianfranco Marzetti - San Benedetto del Tronto
(Rispondi)
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 16/09/08 alle 09:05 via WEB
E' per me un problema riuscire nell'intento di aggiungere un atmosfera misteriosa alle mie fotografie, spesso non vengono capite o meglio non riesco a farmi capire. Alex
(Rispondi)
frescendine25
frescendine25 il 16/09/08 alle 10:30 via WEB
"Realizzare il segno fotografico è porre in relazione nel significante, cioè nell’immagine, i segni naturali e i segni artificiali presenti nella realtà"... Molto bello questo passaggio. Direi che una foto può dirsi riuscita, cioè ci seduce anche se non capiamo perchè, quando i segni naturali sublimano quelli artificiali trasformandoli in qualcosa di metafisico, di non banale. Solo così il nostro albero diventa veramente nostro, solo così gli altri riconoscono che il nostro albero ha qualcosa di peculiare, qualcosa che non si è fermato alla superficie, ma ha scavato dentro l'intimità del fotoamatore che si è fatto quindi poeta. Probabilmente la foto di reportage o giornalistica è un genere di fotografia che non ha tanto bisogno di essere arricchita di segni naturali, ma pensiamo ai ritratti, ai paesaggi, alla foto concettuale... Mi viene in mente un verso di Battiato: "questo sentimento popolare nasce da meccaniche divine...". Ecco, noi mettiamo qualcosa di "divino", di metafisico, di impalpabile, nei nostri scatti quando riusciamo ad andare oltre i semplici e puri segni artificiali. Domenico Carbone, Fotoclub Arti visive, Fabriano
(Rispondi)
belarda68
belarda68 il 16/09/08 alle 14:44 via WEB
trovo questo spot estremamente interessante e soprattutto ricchissimo di contenuti e spunti...ma mi colpisce in particolar modo l'incipit: "Se il fotografo scatta immagini per sé il problema della comunicazione si riduce ai minimi termini: guardare le proprie foto é come guardarsi allo specchio" ...ma se la fotografia è un linguaggio (e non credo ci siano dubbi su questo), scattare foto per sè è come parlare da soli . Se trattiamo la fotografia alla stregua della letteratura , l'esercizio fotografico, come la scrittura, può diventare terapeutico, nel senso che comunque difficilmente c'è un fotografo (o uno scrittore) che scatta solo per sè..alla base dell'uso di uno strumento come lo scrivere, o come il fotografare c'è sempre la necessità, il bisogno per quanto inconscio di comunicare qualcosa.Quando fotografiamo costruiamo consciamente o meno delle relazioni fra noi e l'esterno, e credo che nella ricerca delle motivazioni di ciò che ci spinge a farlo ci sia la terapeuticità del mezzo che può portare ad una maggiore consapevolezza di sè. Più siamo consapevoli di noi stessi, più conosciamo le relazioni che ci legano all'esterno, più possiamo essere artefici maturi della realizzazione del segno fotografico. Temo però che tutto ciò sia più semplice a dirsi che a farsi...ma mi sto armando di tanta pazienza.
(Rispondi)
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 16/09/08 alle 23:10 via WEB
Forse noi fotoamatori siamo un po’ degli eletti, perché riusciamo a decidere quando vivere con ritmi che non girano alla stessa velocità di una società, che ha fatto del correre uno stile di vita … vivere e bruciare tutto in pochi attimi. Noi amiamo fermarci per cogliere gli infiniti segni naturali che ci circondano, amiamo farci sedurre. Fermarsi ad osservare può essere già questo un piacere, farsi sedurre da qualcosa o qualcuno è, a volte, così appagante che è quasi un obbligo volerlo condividere con gli altri. Massimo B
(Rispondi)
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