Due amiche

Capitolo primo-seconda parte


Ero al bancone e cercavo di vedere con la coda dell’occhio se il mio ingresso l’avesse distratto,  ma era troppo lontano. Ordinai un caffè ristretto dopo essere stata scoperta dal barista che con fare incuriosito mi chiese se stavo cercando qualcuno ed io dissi: “ no, no”gesticolando in maniera goffa. Quel mio modo di fare aveva fugato ogni suo dubbio e il mezzo sorriso che gli usci fuori mi fece innervosire. “Senti,  per favore puoi portarmelo lì il caffè mentre mi vado a sedere?” ed avevo indicato il tavolo libero accanto al mio misterioso uomo! Mi rispose con aria serafica “No, non posso. Sono un barista  non un cameriere.” Ma piccolo uomo e grandissimo cafone, pensai  e dopo aver atteso il caffè, che il mio nuovo amico/nemico barista era andato a preparare a Zanzibar, lo bevvi velocemente tanto da ustionarmi la lingua. Per non dargli ulteriori motivi di sbeffeggiamento, mi voltai di scatto e non avendo avvertito la presenza di qualcuno dietro di me, avvenne l’incontro/scontro, finendo col macchiare la sua bella camicia blu. Carlos era lì per pagare, penso di essere diventata bordeaux dalla vergogna, volevo sprofondare, “scu – scusami “. “Non ti preoccupare” rispose con un sorriso dopo aver pagato anche il mio caffè ed uscì dal bar. Una vocina da dietro mi disse: “Oltre che goffa e sbadata sei anche balbuziente?  Non me ne ero proprio accorto prima.“ Un piccolo vaffanculo solleticava la mia lingua biforcuta, ma orgogliosa come sono avrei preferito altre cento figuracce piuttosto che dare un’ulteriore soddisfazione a quel piccolo essere che stava mettendo in crisi tutto il mio sistema nervoso!Corsi a quel punto dietro al mio uomo . “Aspetta!“ lui si fermò, si girò e mi guardò dritta negli occhi. “ Grazie per il caffè e scusami ancora per la macchia “ e poi da gran volpe aggiunsi “se vuoi mi puoi lasciare il tuo numero di telefono  così la tintoria la pagherò io.” Avevo preso due piccioni con una fava. Per lui sarei stata la buona samaritana che avendo creato un guaio cercava in tutti i modi di espiare la propria colpa, mentre io avrei avuto il suo numero senza che lui potesse accorgersi del mio interesse. “È solo una macchiolina. Non serve la tintoria, ho lo smacchiatore a casa. Io sono Carlos e tu?” “Io Laura” Girò le spalle e venne rapito dalla nebbia che lo accompagnò chissà dove. AHAHAHHHAHAHHAHHHAHAHHAHHH! In tutta questa estasi di emozioni mi ero dimenticata di Siria, sicuramente era ancora lì ad aspettarmi, corsi più che potevo e finalmente la vidi appoggiata alla fontana della piazza con gli occhi bassi. Avrei dovuto raccontarle di Carlos, del caffè, del barista cafone, ma non potevo. Era ancora incazzatissima con l’universo maschile e avrebbe smontato l’idillio di quell’incontro.“C’era, giuro, una fila assurda alla posta, ma dovevo spedire i bandi del concorso. Oggi era l’ultimo giorno.” Alzò lo sguardo e vidi i suoi occhi ancora umidi, aveva sicuramente pianto. Disse solo: “Conoscendoti, sono arrivata giusto un quarto d’ora fa, volevo che almeno per una volta nella vita fossi tu ad aspettare.” “Sei veramente unica. Dai andiamo, altrimenti il nostro folle shopping si ridurrà ad un misero aperitivo. Voglio un paio di scarpe!”