Mondo Parallelo

UNA CANZONE MAI SCRITTA


Nella  profondità della mia anima, si cela una canzone che si rifiuta d'indossare parole banali. Una canzone che trova spazio in un granello del mio cuore, un angolino così piccolo che forse conterrà una parola sola, magari il titolo, e che l'inchiostro nero non riporterà sulla pagina, perché ancora non ho trovato le note per esprimerla completamente. Una canzone che avvolge i miei sentimenti con un involucro trasparente che tra poco si tramuterà in lettere accatastate sulla mia lingua. Come posso sussurrarla, se ho paura dell'effetto che potrebbe produrre su di me, che ancora la sto scrivendo e non mi riesce, perché ogni volta, sbaglio gli accordi? E non lo faccio apposta, solo che, quando voglio andare sulle note alte per tramutare un refrain in gioia, la mano mi scorre su quelle più gravi come a dire che devo essere più malinconico e restare sugli accordi più bassi o lievi. Meglio che mi alzi e poi riprenda, perché le dita stasera mi si sono come accorciate e non vogliono seguire i miei intenti. Ma… che sia il mio animo che magari trabocca di altri sentimenti e io non me ne sono accorto? E a chi la canterò, se è abituata a dimorare nella casa del mio cuore ma nella parte più segreta e difficile da far emergere? Se prima, allo specchio, avessi scrutato i miei occhi, avrei certo visto l'ombra della mia ombra. E se avessi toccato l'estremità delle mie dita, avrei sentito le vibrazioni nascoste dell’animo in questo momento un po’ strano di tenerezza, che chiamo così, ma non capisco perché. Le opere create dalle mie mani, quelle che si realizzano nei miei progetti, nei grafici di onde quadre e di picchi di impulsi che viaggiano a velocità incredibili in minuscoli spazi, riproducono il mio essere, come un lago che rispecchia i bagliori delle stelle. E a volte il loro bagliore è come se a loro volesse richiamare le mie lacrime, quelle che non sono riuscito a piangere, quando gli altri piangevano e si rivelano invece adesso che proprio non voglio, come quelle gocce di brina che nelle notti umide e fredde di inizio primavera, velano il segreto delle rose. Poi piano si scioglie quando il calore la disperde, e quel che evapora diviene una canzone trasmessa e passa dal silenzio al suono, come inghiottita dal rumore, intonata dai sogni e celata dal risveglio, come fosse una canzone d'amore: ma  io davvero, d’amore stasera non volevo parlare! E poi quale cantore saprà mai cantarla, se neppure io so musicarla? Io neppure vorrei intonarla perché non so nemmeno quali corde riusciranno a svelarla. Come potrei unire il rumore del mare con il canto dell'usignolo? Ed il fragore della tempesta con il respiro di un bambino? E alla mia anima adesso ho appeso un cartello, così magari, passando di corsa, si ferma e lo legge: “non ho più voglia di parlare, adesso voglio solo ascoltare, osservare in silenzio”; su questo foglio un paesaggio dipinto dalla mia fantasia, un sentiero fatto di note, e la mente si ferma a pensare, come tanti anni fa quando, d’estate, camminavo per ore da solo cercando qualcosa che neppure conoscevo. Allora cercavo un nulla nel nulla senza sapere, senza immaginare; oggi cerco qualcosa che non turbi l’armonia di un raggio di sole che mi scoppia nel cuore, un divagare di sensazioni che s’accavallano nello spartito scarabocchiato di fronte ai miei occhi, pieno di “sol diesis” e di “si bemolli” e di spazi che assomigliano a quelli scavati nei miei pensieri e non li so trattenere. Così, come adesso mi accorgo che lo spartito è già pieno, la mia canzone è già scritta come una verità esistenziale, come un assolo di flauto, nel blu del mio silenzio, il mio silenzio di nuvole rosa… e passano e poi scendono, si fermano dietro alle ciglia, ma nessuna ha il coraggio di trovare la strada per potersi sfogare, per poter frantumare l’esile strato che la tiene compatta…  il silenzio le tiene e non le lascia ondeggiare, non sono libere di affondare nel mare, restano lì, fisse… ad aspettare.