Mondo Parallelo

GIOCANDO COL VENTO


La stella piange rosa tra le mie braccia e l'infinito rotola bianco dalla nuca alle gambe. Il mare lontano che si impenna con le onde per accarezzarmi con il suo rumore. Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa. Mi affaccio, alzo lo sguardo. Il cielo è una rete colma di pesci che guizzano negli abissi tra le costellazioni. Qui, in questo angolo di mondo, nell’isola del mio cuore, vengono a finire tutti i venti, tutti. La pioggia si denuda. Passano fuggendo gli uccelli. Il vento, sì il vento, eccolo arrivare. “lo posso lottare solamente contro la forza degli uomini”, mi sussurra, e poi un temporale solleva in turbine foglie verdi staccate dai rami di pioppi lontani, appuntiti filari, lungo una strada che prima non c’era, e scioglie tutte le barche che ieri al calar del sole si ancorarono al cielo. Tu sei qui, vento, tu mi risponderai fino all'ultimo grido. Raggomitolato, le mani tra le ginocchia come se avessi paura, ancora, come quando piccino mi nascondevo nel sentirti sotto la porta chiusa, sibilare forte; e penso, sorridendo, a quanto ti sarà costato abituarti a me, alla mia anima selvaggia, al mio nome, ai miei variabili umori, al mio sfuggirti quando soffiavi forte. E insieme, nelle notti di primavera, ricordo, dopo un temporale abbiamo visto ardere tante volte l'astro dorato nella sua palla di fuoco, e tu, piano con la tua brezza lieve, baciandomi gli occhi, mi additavi con un soffio più forte, il nascere di crepuscoli in ventagli giranti. Le mie parole come pioggia sulle tue spire, i miei pensieri a rincorrersi nelle diligenze lanciate a squarciare le nuvole rosa, che ci sbarravan la strada verso il tramonto, per arrivare prima che la luna nascesse e si prendesse gioco di noi. E guardando in basso verso le onde, attraverso i finestrini, scorgevo le ruote dei bianchi carri che sobbalzavano sotto i frammenti delle stelle cadenti. Scricchiolar di balestre di legno un po’ vecchio ma ancora efficienti, sotto il vuoto lasciato dai vortici aperti nel cielo; e i buchi neri che s’aprono sotto le ruote, per far inciampare i cavalli fatti di fuoco lanciati al galoppo; strani fasci di luce azzurrina, si levano da sotto, lungo il percorso, e poi niente. E, finita la corsa, di fronte al sole che fende le acque, la carrozza arresta la sua folle corsa, la mia anima scende; lì si ferma presso una cala, e percorre su questa lingua di sabbia dorata, un sentiero fatto di mille pezzetti di madreperla, poi ritrova il mio corpo che s’era assopito vicino a riposare, cullato dalla risacca delle onde del mare, dolce sollievo dopo tanto cammino, e si tuffa dentro senza indugiare, senza riguardo, senza troppe scuse; ed io mi sveglio dicendo: “Ma non potevi aspettare? Proprio adesso mi dovevi svegliare?”. "Che vuoi che ti dica! Oramai dovresti saperlo, che se voglio trovare rifugio dopo aver corso nel vento, giocato e gridato, senza avere più fiato, per ritemprare le forze e poi cominciare di nuovo a giocare, io, senza indugiare devo venire da te perché io faccio parte di te, così come tu... sei dentro di me!" Giov@nni