Occhi che vagano intorno, si saziano di ciò che li circonda, poi la mente si svuota, assapora il silenzio e cerca in questo giardino di fiori e di rose dai petali color sangue, la solitudine, ma quella diversa dal semplice “essere” solo, è il voler per un attimo intenso semplicemente “rimanere” solo che mi riempie di voglia di stare con me stesso e di respirare il mondo come mi pare; di guardare davanti senza nessun ostacolo, di sorridere, anche quando, adesso, un gatto color grigio perla e dal pelo lungo e folto, spalanca i suoi occhioni e mi si para davanti aspettando che io faccia la prima mossa. E mi studia e ci guardiamo negli occhi, io e lui, e rimaniamo immobili; faccio fatica a non ridere perché vedo che lui sta aspettando e io ne prevedo le intenzioni; ho in mano una margherita bianca, e lo guardo senza battere ciglio né palpebra. Piano si avvicina e poi alza una zampina anteriore e la lascia così, sospesa, quasi ad aspettare di lanciarsi in una corsa a razzo, non si sa mai. Io mi muovo piano, come quelle sagome buffe d’uomo mascherate che, a volte, trovi in centro a mimare gli automi e che si muovono lentissimi su un piedistallo, oppure sembrano statue col viso dipinto di polvere bianca. Immobili, ma impercettibilmente, se stai attento, si muovono! Occhi di ghiaccio fissi, occhi socchiusi perché il sole li fa lacrimare, i miei. Mi prude il naso ma me lo gratto col pensiero perché altrimenti non finirei il gioco e il mio amico micio so che scapperebbe. Oddio che prurito! Mi sa che abbandono la partita e lascio perdere le sfide ma mi incuriosisce vedere che piano ora la zampetta si è posata sul terreno e poi il gatto si è seduto sull’erba poco distante e rimane immobile come fosse di sasso. Le orecchie larghe e corte levate come periscopi a destra e a sinistra si muovono, ad analizzare i suoni: radar che cerca nell’aria un segnale. Ma poi Lila, la tartaruga che del giardino è padrona come pure della lattuga che mi sbafa ogni dì, esce con la testolina dal suo carapace, là, proprio di fronte al micio che la guarda e, credendolo un sasso animato, vedendolo camminare piano verso la coda, d’un balzo emette come un gemito, un miagolio sordo e in un attimo scompare dietro la siepe. “Peccato”, mi dico, ma forse domani o più avanti giocheremo di nuovo io e il mio amico peloso perché in fondo mi era simpatico e mi sa proprio che presto ci rivedremo. La testa della mia vecchia Lila rientra di nuovo nel suo guscio e ritorna ad essere sasso tra le margherite. E nell’attimo di un sole che s’alza più alto nel cielo, sfoglio i petali di quel fiore che ancora mi ritrovo in mano e contandoli, così per caso, mi ricordo che sono spesso dispari, come quelli di questa margherita bianca; “mi piacciono i numeri dispari”, dico tra me, sono così individualisti da dare l'impressione di bastare a se stessi. Alle volte sono numeri primi, alle volte lo diventano se incontrano un altro numero dispari. Adoro come il loro incontro crei un equilibrio perfetto, senza che nessuno dei due perda la propria natura incompleta. Sento muovere tra la siepe il gatto, ritorna: anche lui forse mi vuole parlare di numeri primi. Ci incontriamo di nuovo, mi sa che succede tutto come poco fa, come in un replay, non so, ma ho la sensazione che sia così! O forse, vuol farmi capire che magari pensa di aver incontrato un numero… di quelli… no non ci credo… sono solo farneticazioni! Sì, magari si crea un equilibrio perfetto, senza che nessuno dei due… perda la propria natura incompleta! Giov@nni
NUMERI PRIMI
Occhi che vagano intorno, si saziano di ciò che li circonda, poi la mente si svuota, assapora il silenzio e cerca in questo giardino di fiori e di rose dai petali color sangue, la solitudine, ma quella diversa dal semplice “essere” solo, è il voler per un attimo intenso semplicemente “rimanere” solo che mi riempie di voglia di stare con me stesso e di respirare il mondo come mi pare; di guardare davanti senza nessun ostacolo, di sorridere, anche quando, adesso, un gatto color grigio perla e dal pelo lungo e folto, spalanca i suoi occhioni e mi si para davanti aspettando che io faccia la prima mossa. E mi studia e ci guardiamo negli occhi, io e lui, e rimaniamo immobili; faccio fatica a non ridere perché vedo che lui sta aspettando e io ne prevedo le intenzioni; ho in mano una margherita bianca, e lo guardo senza battere ciglio né palpebra. Piano si avvicina e poi alza una zampina anteriore e la lascia così, sospesa, quasi ad aspettare di lanciarsi in una corsa a razzo, non si sa mai. Io mi muovo piano, come quelle sagome buffe d’uomo mascherate che, a volte, trovi in centro a mimare gli automi e che si muovono lentissimi su un piedistallo, oppure sembrano statue col viso dipinto di polvere bianca. Immobili, ma impercettibilmente, se stai attento, si muovono! Occhi di ghiaccio fissi, occhi socchiusi perché il sole li fa lacrimare, i miei. Mi prude il naso ma me lo gratto col pensiero perché altrimenti non finirei il gioco e il mio amico micio so che scapperebbe. Oddio che prurito! Mi sa che abbandono la partita e lascio perdere le sfide ma mi incuriosisce vedere che piano ora la zampetta si è posata sul terreno e poi il gatto si è seduto sull’erba poco distante e rimane immobile come fosse di sasso. Le orecchie larghe e corte levate come periscopi a destra e a sinistra si muovono, ad analizzare i suoni: radar che cerca nell’aria un segnale. Ma poi Lila, la tartaruga che del giardino è padrona come pure della lattuga che mi sbafa ogni dì, esce con la testolina dal suo carapace, là, proprio di fronte al micio che la guarda e, credendolo un sasso animato, vedendolo camminare piano verso la coda, d’un balzo emette come un gemito, un miagolio sordo e in un attimo scompare dietro la siepe. “Peccato”, mi dico, ma forse domani o più avanti giocheremo di nuovo io e il mio amico peloso perché in fondo mi era simpatico e mi sa proprio che presto ci rivedremo. La testa della mia vecchia Lila rientra di nuovo nel suo guscio e ritorna ad essere sasso tra le margherite. E nell’attimo di un sole che s’alza più alto nel cielo, sfoglio i petali di quel fiore che ancora mi ritrovo in mano e contandoli, così per caso, mi ricordo che sono spesso dispari, come quelli di questa margherita bianca; “mi piacciono i numeri dispari”, dico tra me, sono così individualisti da dare l'impressione di bastare a se stessi. Alle volte sono numeri primi, alle volte lo diventano se incontrano un altro numero dispari. Adoro come il loro incontro crei un equilibrio perfetto, senza che nessuno dei due perda la propria natura incompleta. Sento muovere tra la siepe il gatto, ritorna: anche lui forse mi vuole parlare di numeri primi. Ci incontriamo di nuovo, mi sa che succede tutto come poco fa, come in un replay, non so, ma ho la sensazione che sia così! O forse, vuol farmi capire che magari pensa di aver incontrato un numero… di quelli… no non ci credo… sono solo farneticazioni! Sì, magari si crea un equilibrio perfetto, senza che nessuno dei due… perda la propria natura incompleta! Giov@nni