Mondo Parallelo

NOTTE TINTA DI ROSA


Nella sua fiamma potente e rossastra, la luce mi avvolge come fosse assorta, pallida, dolente, adagiata così contro le antiche spirali del crepuscolo che intorno a me gira. Un vortice di colori mischiati al continuo apparire e scomparire delle cose che nel vortice ruotano e sono assorbite, insieme alla gente e ai ragazzi che giocano e lanciano razzi nel cielo. Le paure e le gioie affiorano come d’incanto dalla bocca della spirale di luce e cerco di prenderle ma mi sfuggono, inghiottite dal centro di quel vorticoso girare; e muto, amico del sole, un ultimo raggio penetra nella sostanza di quel ciclone di luce che inghiotte il mondo attorno e lo rende più chiaro e più vivo, solo, nella solitudine di quest'ora di silenzio e di pace, piena delle tante vite del fuoco, erede pura del giorno distrutto, del giorno che muore. Dal sole cade un grappolo di rosso colore sul mio vestito chiaro. Le grandi radici della notte crescono improvvise nel mio cuore, e riaffiorano in superficie le cose in esso celate, così che un popolo fatto di mille emozioni, di pallido e azzurro colore, dalla notte appena generato, si nutre del silenzio qui attorno. Un silenzio fatto di istanti e di strade solitarie accanto ad altre dal rumore assordante ma opaco, rotto dallo sferragliare dei tram. E tace la terra, screziata di giallo ed arancio, galleggiante nel calore dei raggi di luna, e tacciono i bimbi mentre la notte li fa sognare nei loro letti, stretti a un morbido orsacchiotto marrone; e tace il mio cuore, tace ogni sospiro e ogni attimo che prima sembrava infinito e pieno di cupo livore, per tutto ciò che alla luce appartiene ed è calore; ombre che vagano, indistinte, veloci, allungate come rami di larici verdi, e odorosi di resina, e prendono il posto delle cose reali che prima mi balzavano incontro, come avessero mani per afferrarmi e voce per raccontare il loro immobile, fisso osservare. Solenne e feconda e magnetica schiava del cerchio di luce, la terra, sembra cantare una canzone d’amore, adesso che in nero si veste: fiera, nel riposo della notte profonda, cerca e trova in se stessa una creazione tanto viva da sembrare impaziente che il giorno riviva di nuovo; di nuovo, con le sue dita incantate di luce che mi accarezzano il viso se solo tra i chiusi balconi una fessura è rimasta, per far entrare del giorno il colore dell’oro; un’eco: vicino risuona del muezzìn il malinconico richiamo, rimbalza da un minareto all’altro, mi accompagna ripetitivo e graffiante, e tutto continua come nulla fosse, come lo scandire dell’ore d’un orologio senza sfere, eppure qualcosa di magico è adessso comparso nel cielo, come un riflesso delle luci rosse e lilla dei mille zampilli della fontana di fronte alla Moschea Blu; una pennellata dei colori d’un arcobaleno che si staglia nel nero d’una notte fatta di stelle, come il mantello d’un mago dal nero cappello, spiegato a raccoglier della notte il mio pensiero più bello.  Giov@nni  (By smartphone)