Mondo Parallelo

NOTTE D'AGOSTO


La notte è buia, la notte è paura, la notte è tormento vibrante d'arsura. La notte è spenta, la notte è perduta, la notte è distrutta da una nuova paura. Il cuore che batte, la testa che sbatte, il pianto a dirotto, lo stomaco sfatto. Ed è di nuovo rimpianto, di contro l'angoscia, di sole o di luna è un'ascia che sfascia fino all'aurora. Un crepuscolo si affaccia alla mente. Penombra ed avidità che si rincorrono. Un puledro bianco sbatte strepitante uno zoccolo a terra, forte echeggia limpido il suo nitrito, è l'oscurità che avanza, è un'altra cosa qui, dopo l'arsura. Notte ingombra mai sazia d'estenuanti arsure. Notte di pensieri che s'inarcano su altre notti di granitiche assenze raramente dal mio pensiero scalfite; quasi sempre fuse nel silenzio incolore e disossato dove io mi lascio ghermire dall'inatteso credere tutto. E poi tu, angelo come acqua e fuoco vivi, angelo nei miei pensieri danzi, angelo come sogni lontani ti ricordo. Angelo antico, fatto di vento, ti vedo la sera che chini il capo ad abbracciare un sogno, fatto di sogni nel tappeto verde di un sentimento. E nella notte sei in ginocchio ad osservare i miei gesti scevro di terrene abitudini, mai apprese perché troppo tempo al cielo appartieni. E delle umane battaglie e dei nostri livori nemmeno un ricordo ti sfiora, neppure ti lasci scalfire perché nulla conosci tranne la luce da cui provieni. Solo le ali non puoi nascondere, bianche traspaiono nel buio d’un ricordo a me caro, ma ormai lontano. Ti lascio accesa la luce della lampada sul comodino mentre leggo e ti sento vicino che scruti il colore ovattato d’una luce  biancastra che non hai mai visto. Ti lasci assorbire da essa e la fai divenire di fuoco quando per gioco dentro ti tuffi; poi, quando esci dal filamento racchiuso tra il vetro a forma di cono, è come un lamento il tuo, quasi un chiedere scusa o forse perdono. Mi sfiori, sento il tuo essere fresco volarmi vicino, mi sembri un bambino, poi quando giochi facendomi alzare i capelli coi battiti delle tue ali. Certo, puoi rimanere a strofinarti il viso sul mio ma poi sappi che mi devo grattare perché delle stelle la polvere mi si appiccica lieve sulle palpebre e sulle ciglia socchiuse. E adesso in un angolo, ai piedi del letto ti puoi fermare, se vuoi puoi anche restare, ma domani troppo presto ti prego, non mi svegliare. Magari prima fai un giro nelle stanze vicine attraverso le porte, lungo i sentieri delle tue mille idee curiose; sopra le sedie accatastate le carte che ritraggono spicchi di cielo, rubati quel giorno che camminavo tra i rovi della mia fantasia lungo i sentieri oramai scalfiti dal tempo e d’un tratto per sempre divenuti poesia. Giov@nni  (... dreaming)