Mondo Parallelo

COME NEBBIA


Sorrideva, ricordo, le unghie lucide creavano un riflesso abbagliante, che si aggiungeva a quello del calice di vetro, del vino porpora, delle posate. Sorrideva, sì, ricordo che sorrideva. Il suo era più che altro un ghigno, come se per un attimo, un attimo solo, si fosse aperto un varco nella sua anima, ed attraverso i suoi occhi riuscisse ad uscire quel velo di cattiveria solitamente celato dalle buone maniere e da una bellezza terribilmente espressa. Prese un respiro profondo e tutto d'un fiato mi disse: "Io non cerco l'amore, perché non ne ho bisogno. Sembrava parlasse solo con me, visto che gli altri che mi erano vicino, facevano i loro assaggi del vino, e sgranocchiando dei grissini, giocavano coi tovaglioli per farne dei coni. E lei continuava guardandomi, fissa, come si dovesse arrabbiare da un momento all’altro, per motivi oscuri. Poi sbottò fissandomi negli occhi: “Sai, io non cerco qualcuno che mi aspetti a casa, perché è davvero ridicolo. Cerco un compagno di giochi, con cui condividere la mia follia, quando il lavoro finisce, e gli amici, sono andati tutti via, e il cane ha mangiato, mia madre è stata rassicurata... in quel momento, inizia la mia vita. Una vita senza regole, fatta di momenti e di superficialità.” Era tardi oramai, e un po’ frastornato per il vino e per tanti discorsi, mi ero accorto che ero rimasto solo! Non ricordavo nemmeno di avere salutato tutti gli amici che erano con me e quelli che avevo conosciuto in quell’occasione, insomma mi sembrava di essere un naufrago in un’isola deserta. Sensazione strana, la testa confusa, quelle labbra rosse che parlavano, il sonno che avanzava, la voglia di andare via di corsa, sì, andare! “Te lo chiedo ancora una volta, forse non mi hai sentita perché chissà a cosa pensavi!”. E si sedette vicina, al mio tavolo. “Tutti uguali voi uomini, pensate solo alle vostre astruserie!” “Io non ti chiederò nulla in cambio, ma adesso, ti va di giocare con me?". Ingoiai la saliva. Mi chiesi chi fosse quella pazza, e mi resi conto che forse il pazzo ero io, anzi forse non appartenevo a questo mondo ed ero rimasto ai tempi delle crociate! Lei era se stessa, se stessa, magari per una volta sola, per una volta in tanti anni, e io guardandomi attorno, mi sentivo imbarazzato, e non trovavo la forza per andarmene da quel pub. Quasi fossi paralizzato da quegli occhi profondi più blu del cielo e poi, quello sguardo che mi scavava dentro! Quasi sembrava volesse raggiungere il cuore per imprigionarlo in una gabbia. E rimasi lì a cercare di capire, e rimasi lì per una sorta di scommessa fatta a me stesso, rimasi lì con gli occhi velati dal vino, dai liquori e dal torroncino affogato nel Gran Marnier, rimasi lì per un istante eterno e da là in poi, per quanto mi sforzi, mi accorgo di non ricordare più nulla! E' una sensazione strana che ogni tanto mi assale, quasi un’isola volesse emergere dal mare e poi nuovamente inabissarsi per sempre. Forse la prossima volta il ricordo sarà meno lontano, meno annebbiato, forse è lì, celato nel profondo del mio essere, e gli manca la voglia di tornare a galla… forse, chissà! Giov@nni