Mondo Parallelo

CATENE INVISIBILI


Pensavo, sì giusto ora pensavo... Non vi è uomo sulla terra che non abbia la propria prigione. Ciascuno di noi è prigioniero di qualche cosa, non è del tutto libero ma vincolato dal giorno che è nato. Prigionieri delle nostre passioni, del nostro essere, delle nostre manchevolezze, prigionieri dei nostri vizi, dei nostri idoli; prigionieri incatenati dalle nostre malattie, dalle nostre debolezze, dall’amore, dalla disperazione, dalla nostra sofferenza, succubi di una volontà che ci chiama da dentro e che con noi è nata. Prigionieri del nostro modo di pensare e di agire, prigionieri di un ricordo, delle nostre emozioni, delle abitudini, del nostro stato d’animo, prigionieri dell’odio e di tutto ciò che all’uomo appartiene. Prigionieri nel cuore avvolto da un cruccio, dalla malinconia o da un peso che a nessuno vogliamo dire e ci distrugge dentro. Prigionieri del bene e del male, prigionieri, ed è cosa terribile, di noi stessi e della nostra conoscenza, della nostra stessa vita condotta a volte con consapevolezza stoica in modo che risulta, a noi per primi disdicevole, abbietto; prigionieri della tristezza, dell’esistenza trascinata senza scopo; prigionieri di altri e incapaci di pensare oltre il confine che le nostre catene ci impongono. Prigionieri del mondo, della natura umana, della nostra terra, quella su cui affondiamo le radici. Prigione il nostro corpo, a volte deforme, ma non ce ne rendiamo conto. Prigionieri del dolore assurdo, prigionieri di dover credere che non siamo soli, ma moriamo soli, prigionieri di venire al mondo senza alcuna possibilità di ritornare indietro. E, se poi ci leggiamo dentro, vediamo chiara la nostra impotenza di fronte alla nostra gretta tracotanza; prigionieri dell’aria, del respiro che ci ossigena la mente, prigionieri del nostro malessere e del nostro incapace mentire a noi stessi. Prigioni d’oro, prigioni fatte di sabbia, cambia solo l’essenza ma uguale resta la sostanza e la realtà. E’ un fatto che all’uomo appartiene e non gli si può dare colpa. Prigioniera la mente e poi giù fino al cuore, nient’altro che un mistero fatto di catene che invisibili ci accompagnano per tutta la vita, nel sorriso, nel pianto, nella gioia, nel dolore, nel credere che gli altri siano peggiori o migliori di un qualcuno preso come unità di misura, archetipo di un nulla che è solo prototipo del niente, mentre è solo il luogo o il color della pelle a fare il diverso da noi. Libertà? Libertà di vivere come vogliamo, di morire quando non ci va, di soffrire per niente e per tutto, di sapere o no cosa fare, di dire che è giusto o sbagliato senza ragione, libertà… all’interno della nostra prigione.  Giov@nni