Mondo Parallelo

WHEN I WAS THERE


      Prima il timore trattenne le mie lacrime,poi non potevano più essere tenute a freno.Così ogni fremito nascosto sotto la pellesembrava sussultare in un singhiozzoed ogni vena sembrava gonfiarsiin una cascata impetuosa.Lei era scoperta, non c’era veloa coprire il suo volto di fata.Solo il pallore la velava allo sguardoed esso modellava nell’ombra le guancementre su queste rotolavano le stelle,così da apparire di oro intarsiatocon un duplice filare di perle.Aveva tre nere ciocche di capelli intrecciatee di una sola notte ne fece quattro in un lampo,ma quando levò il suo viso verso la lunaecco due lune io scorsi davanti nel cielo.Io restai immobile a guardare il suo voltonon sapevo né capivo dov’ero, solo vedevo a terra caderepiccole gocce imbevute di sale, nel deserto fatto si sabbia ineguale;e poco più in là, dei piccolisassi del colore dell’ambra a formareminuscole dune. E il tempo passavaattraverso un vuoto, dentro un vuotodietro un vuoto, fatto di ferite mai chiuse.Poi lei s’asciugò gli occhi con un raggio di lucee, aperte le mani le posò sulle mie,e tracciando sui palmi un disegno,seguiva la linea del cuore, poi una più lungadella vita, diceva, tracciata come un solco profondocon pochi sbuffi qua e là: piccoli ostacoliormai superati. Mani fredde, mani bagnate,e infine si chinò su di me e mi sorrise;poi ”ho freddo”, mi disse e mi strinse più fortementre sentivo come un pugnale di ghiaccio trafiggermi il cuore, ma non provavo dolore, solo un po’di timore nel sentire che il vento soffiava più forte, adesso che il piantoera cessato. La notte lì sotto la tendaera un tappeto fatto di luci lontane soprail nero dipinto di un drappo istoriato,e, a far da soffitto solo un cielo stellato.“Vorrei portarti con me ma potresti soffrire, vorrei baciarti ma i tuoi occhi son chiusi,e mi piace vederli brillare dei riflessi del cielo;meglio che io vada, la notte è più breve che maiquando non sai se domani verrà. Ti lascio una lacrima in dono, qui nella tua manoha il colore del mare, ma se la guardic’è una luce che brilla coi ricami d’argento.Per ricordarti, al risveglio, che quando son scesaavevo paura perché tu non c’eri,ma non m’ero accorta che mi guardavi.Non m’ero accorta, che nel cuore piangevi,non m’ero accorta della tua stanchezza, solo volevo da te, nulla di più d’una carezza!”    Un raggio di luce, più bianco che maiuna scintilla si perse nel vento, poi di nuovoun pallido volto comparve nel cielo,a squarciar della notte il suo velo! Giov@nni