Mondo Parallelo

SPAZI BREVI


Interno di caffè. Frastuono. A un tavolino siede appartato un vecchio. E' tutto chino, con un giornale avanti a sé, nessuna compagnia. E pensa, nella triste vecchiezza avvilita, a quanto poco egli ha avuto in fondo dalla  vita quando aveva bellezza, baldanza e vigore. Sa che è invecchiato anche dentro: lo sente, lo vede. Ma il tempo ch'era giovane sembra quasi ieri. “Che spazio breve, che spazio breve!”. Poi riflette su come la saggezza quasi l’ha preso in giro, l'ha beffato. Se n'era in tutto (che pazzia!) fidato, le aveva dato fiducia, e lei: "Domani, farai tutto domani! Hai tanto tempo", la bugiarda diceva. Gioie sacrificate, ogni slancio represso, ricorda. Ogni grande occasione persa, adesso suona come uno scherno al suo senno furente, alla mente resa dagli anni più stanca. Fra tante riflessioni, in tutta quella pioggia di memorie, è stordito il vecchio. Appoggia il capo al tavolino del caffè, s'addormenta. Sotto il fardello di solitudine, sotto il fardello dell'insoddisfazione, il peso, sì, il peso che porta con sé si addormenta, e il volto riverso sui fogli di giornale, pagine aperte sulle umane sventure di oggi. Chi può negarlo? In sogno tocca il corpo, nel pensiero costruisce un miracolo, nell'immaginazione s'angoscia fino a nascer nei movimenti quasi inconsulti. La gente guarda ma non sorride, poi gira il capo, fa finta di non vedere, ma un senso di pena e di tenerezza s'affaccia dal cuore poiché, in fondo, il fardello della vita è amore. E ci accorgiamo che a volte il peso lo portiamo stancamente, e dobbiam trovar consensi per accoglierlo e aprirgli le braccia, altrimenti, non c'è riposo né pace, senza amore, né sonno, perché Il peso del mondo è come un macigno sulle spalle d’ogni giorno e non può essere amaro, non può negare, non può negarsi se negato. Il peso è troppo e il vecchio lo sente mentre un brivido scuote i suoi occhi, e la fronte si tende come un pensiero vi si fosse fermato sopra. Si scuote dal torpore, alza il capo dai fogli di giornale poi, data un’occhiata in giro, stringe le spalle, si appisola nuovamente: nel volto ha dipinta un’espressione serena. Lo sa che adesso è tardi per tutto, ma, intanto, è certo che al risveglio sarà se stesso, e, come sempre, darà senza nulla in cambio, così come il pensiero si dà in solitudine con tutta la bravura del suo eccesso. I tavoli del bar sono pieni di gente che seduta sorbisce un caffè, e si mette a parlare; il vecchio ascolta, ascolta, ma non fa caso alle malinconiche voci che si lamentano di questo o di quello. Tra le mani un giornale, il capo reclino sui fogli, e sorride pensando a domani e all’oggi, in fondo, ancora a venire, gli anni son quelli che sono e un sogno nel suo apparire è come culla di un dolce sperare, lì, chino sul tavolino, il capo posato sul nero giornale.  Giov@nni