Mondo Parallelo

IL MANOSCRITTO


Il prezzo sembrava ragionevole, il luogo indifferente. La libraia aveva giurato di vivere fuori sede, io ero venuto a trovarla per un saluto dopo tanto tempo che non la vedevo, eravamo amici da sempre, avevamo fatto il liceo assieme, gomito a gomito, sullo stesso banco. Non rimaneva nulla se non la confessione, nei giorni della giovinezza, della sua simpatia per me. E insieme ci soffermammo sui primi capitoli di un libro che volevo comprare, e cominciammo a leggere, dopo avere chiuso la serranda del negozio per non essere disturbati in un’occasione così importante. Insieme leggevamo, e ogni tanto la sua mano sulla mia spalla e la sua risata vibrante: "Signora" avvisai, "detesto buttar via tempo in viaggi inutili, sono italiano!”. E lei mi guarda e poi una risata infinita! Silenzio. Trasmissione zittita di buone maniere pressurizzate. La voce, quando insieme leggevamo, spalmata di rossetto, era un pigolio e ogni tanto una tirata di fumo dal lungo bocchino dorato. Ero stato beccato a osservarla mentre aspirava, che imbecille. "Possiamo trattare sul prezzo, visto che è un manoscritto dell’epoca napoleonica” lei aggiunse. Non avevo visto male, ci tenevo ad averlo. Bottone dopo bottone, si sfila la giacca di lana, fa caldo davvero tanto qui dentro, e ancora ho nel naso il tanfo di respiro rancido di “pubblico nascondino” telefonico. Una cabina rossa. Londra è una città sporca, ma è meravigliosa. Cassetta rossa. Autobus rosso a due piani che schiaccia l'asfalto. Era tutto vero! Lei svergognata dal mio silenzio cortese, io tremante per l’impazienza di stringere tra le mani quel tesoro scritto a pennino con inchiostro dorato, poi la resa del mio aspettare spinse lo stupore a pregare semplificazione. Lei era piena di riguardo, variando l'enfasi. Una poi la rivelazione: il mio silenzio; e, dopo il suo assenso era clinico, schiacciante nella propria leggera impersonalità. Rapidamente, regolatomi a quella lunghezza d'onda, scelsi di rompere il silenzio rosa che si stava piegando all’incertezza delle azioni. “Non so, sono imbarazzato”, pensavo, e come pensiero aggiunto, lei, che piano in quell’atmosfera solida, s’era slacciata per il caldo la camicetta di seta. Io ero tuffato per metà nel libro dalle pagine gialle e per il resto nel silenzio per spettroscopico volo di fantasia, sulla scollatura che a tratti copriva le pagine ingiallite del libro; finché la sincerità fece risuonare il suo accento di Piccadilly Circus in risposta ad uno squillo di telefono. “Mi dispiace siamo chiusi, ripassi domani... va bene, bye bye!”, cosi rispose e poi chiuse ed abbassò la cornetta. Concedendo: “Non ho idea di cosa sia questo neo che affiora sul bianco, che ne dici?”. "Ma se chiudi un bottone in più nemmeno si vede, a meno di non prendere il microscopio!”, rispondo. “Tu credi? Aspetta che ti faccio vedere, tu certamente lo sai... colore pallido, tipo castano…  dovresti poi vedere il resto di me!” .“Tipo", soggiungo,  "Il palmo della tua mano, le piante dei piedi che magari sono di un biondo ossigenato?” Lei sorride, io pure. Poi, come un  fragore di tuono, a momenti mi cade il libro di mano. Che danno avrei fatto, mamma, che danno! E lei che mi guarda con occhio strano e poi io supplicai: "Dimmi il prezzo di questo libro altrimenti mi viene l’idea che non me lo vuoi vendere come mi avevi promesso!”. “Ecco, adesso ti dico tutto, magari potrei anche regalartelo, chi ha mai detto che lo devi pagare? Fuori sirene di navi, sul fiume che scorre vicino, da dietro le vetrine coperte da tende verdi e gialle, un chiarore soffuso che entra e poi scompare, si accendono le stelle, è già buio, mi specchio su un vetro aperto a metà, mi tocco la barba pensoso, e dalle labbra a fatica mi escon poche parole; sì, uno sforzo incredibile davvero ritrovare la voce, fingendo di dire seccato: “Mi dispiace! A domani io, io, davvero, sì, purtroppo… devo andare!” Lei aspira dal lungo bocchino, una nuvoletta di fumo sul viso, fuori i lampioni mi guardano e ad ogni mio passo mi fanno un inchino. Respiro la notte, domani chissà… una sirena  che mi trafigge i timpani, un ubriaco che mi saluta, una ragazza che piange e poi ride e scompare, come me che adesso veloce cammino: pensieri tanti, nuvole bianche a frotte, poi in fretta la notte nel suo manto nero m' inghiotte. Giov@nni