Mondo Parallelo

LA BIBLIOTECA DEL MONDO


Splash, splash! Ci divertivamo così noi ragazzi in un pomeriggio qualunque, di una stagione che non ricordo più. Il pallone con cui giocavo era caduto in una vasca piena d’acqua. “Riprendiamolo… altrimenti i continenti disegnati annegheranno!” “Ma che dici, è solo un pallone di gomma a forma di mappamondo”, fece l’altro. Il pallone un po’ galleggiò e disegnò tanti anelli concentrici, mentre i continenti s’illuminarono di vari colori. La foresta amazzonica si tinse di verde intenso per il grande intrico di vegetazione… poi il pallone sparì inghiottito da un vortice. E grossi schizzi d’acqua fuoriuscirono dalla vasca inondando il viso di noi ragazzi. Da quel giorno il pallone a forma di mappamondo non si è più visto; però qualcosa dev’essere accaduto, qualcosa di strano. Fluttua in mezzo all’universo e i suoi lacci dondolano come vele gonfiate dal vento, pensai: uno si alza nel mare di aria grigia mentre l’immagine nella sua interezza si riflette nello specchio di un lago che non esiste in nessuna carta geografica. Ogni immagine ha una cornice, e dietro c’è un appiglio per sostenerla; proprio il rovescio ci parla del mondo. L’invisibile spesso non è immaginato o rappresentato sul quadro della vita. Mancano i colori per esprimere ciò che resta sotto, mancano le parole per far emergere ciò che annega nel torpore delle abitudini. Ogni giorno una pagina nuova del libro della vita, e tanti libri formano la biblioteca del mondo. Ma gli uomini hanno smarrito la strada che porta verso il grande edificio della memoria. Il tramonto è calato con il suo mantello color prugna e presto il buio oscurerà la strada. Avevo deciso di recarmi alla biblioteca antica, quella sulla collina, è un posto particolarmente affascinante, un palazzo di due piani color marrone. Là dove prima c’era una casa di cura per anziani. La biblioteca si erge su un altopiano in una radura con alberi dai grandi tronchi rugosi, da cui sporgono protuberanze come occhi di guardiani. “La strada che conduce lassù non si riconosce più”, mi dico fra me, il buio ha infittito l’atmosfera di corpuscoli color notte in un gioco d’ombre e riflessi. E poi mi sorge un dubbio: “Ma qual è il vero colore della notte? Il blu, il nero o il viola cupo?”. Forse dipende dal punto di vista e dall’abitudine di chi osserva. Ora ho una sensazione strana mentre salgo, i sentimenti oscillano, come un pendolo, la ragione si è come assopita. La stella polare sembra che non indichi più il nord. Allora aspetterò che si faccia mattino e intanto dormirò sulle fronde di un albero, chissà, la notte porta consiglio. Il sonno avanza dolcemente e tante idee, cullate dal sogno, vagano nella mia mente assopita. Danzano a frotte, iniziano a volare e vorrebbero illuminare la strada che porta ai libri nel labirinto della biblioteca del mondo. Son solo illusioni che spariscono con le prime luci del sole, ma fanno bene al cuore se assaporate piano piano. Un’illusione più insistente delle altre mi sveglia, e sembra vera, credo di aver trovato la via d’accesso, ma… si dilegua come un riflesso di luce al primo batter di ciglio. La corda dorata che teneva unite le due estremità dell’orizzonte si è spezzata, lo spazio si è fatto cieco, senza via d’uscita. Il buio scende di nuovo, pian piano, come leggera coltre di nebbia ricopre monti, mari, case, giardini. Le campane sembrano in letargo in quest’inverno freddo, le foglie secche ancora appiccicate sui rami cadono al primo soffio di vento. Le carezze dei giovani amanti  sono rimaste intrappolate tra le ombre, forse il vento potrà liberarle e distenderle sui corpi vellutati, chissà! Cenere bianca, cenere grigia, cenere antracite ricopre il mondo ormai freddo e gelido; nel silenzio s’ode ansimare qualcuno di ritorno da un lungo viaggio, con un libro tra le mani preso in prestito nella biblioteca sulla collina, la biblioteca del tempo. Un attimo infinito di stasi. Una immobilità assoluta, il mondo come un nodo da sciogliere. La corda dorata dell’orizzonte ritorna visibile. Poi improvvisamente il sole riappare, le campane si sono svegliate, il ruscello ha ripreso a brontolare e le carezze degli innamorati di distendono di nuovo sui corpi vellutati. Una goccia, due, tre gocce cadono giù dalla vasca; il pallone con i continenti torna a galleggiare e all’improvviso si illumina di luce nuova, più fulgida e dorata. Un ritornello echeggia per monti, per valli, fino all’eremo più nascosto; in ogni angolo lontano… ancora si ode e mai cesserà di risuonare, il canto di un nuovo risveglio, il risveglio dal buio del mondo.Giov@nni