Mondo Parallelo

ATMOSFERA DI ABBANDONO


C’è un’atmosfera minacciosa di cielo vigliacco come di un temporale non udibile, fatto solo d’aria. C’è stagnazione persino nel volo dei gabbiani di sopra i cassonetti aperti. Rare nuvole alte poggiano sul nulla, cirri grigi si sfaldano su un bianco ingannevole. Paesaggio e confusione d’ombre sono speranze dimesse, foschie senza nebbia, imbastiture rotte da falsa tempesta. Dal pozzo delle emozioni contemplo astri infiniti e l’azzurro scuro dell’orizzonte. Più in là, fontane di ville deserte ristagnano nel sole come ricordi di storie infantili. Carezze di cieli futuri si dissolvono nel silenzio di una chiesa come brezze imprecise. Entro curioso e nelle volte dipinte, grandi imperi, religioni e filosofie scompaiono nella tenerezza indifferente dell’inverno come fiammiferi usati che ricoprono il pavimento, come fogli accartocciati a forma di finta palla. Incerte lampade votive oscillano nello scempio lezioso di privilegi ignoti. Nell’oscurità del mondo sento la mia anima volteggiare in profondi e discontinui sussurri come sibili di realtà nuda. Tonalità di colori lievi, poi ritocchi di fredda brezza annunciano lampi nella casualità della sera. Volare di foglie e vago senso di gelo accompagnano le mie sensazioni, c’è come una tristezza umida di giorni passati. Nell’atrio dell’invisibile tutto è ombra e polvere agitata, anche il rumore annoiato di poche foglie sollevate dal vento. Luci senza sorriso orlano di giallo opaco la rotondità di scarse nuvole. Cumolo confuso, residuo di stelle e di anime e il cuore a volte duole come un corpo estraneo. Coscienza chiara di anonima ebbrezza, nella fatica anticipata di ogni gesto, disillusione preannunciata di ogni sogno. Nell’orbita velata del nulla, percepisco fremiti di vita su lastricati puliti che un sole obliquo indora di smorzate fobie, le mie, quelle che non conosco. Passo veloce tra briciole di allegria nell’imbrunire della coscienza e nella vanità di spettacoli intervallati. Echi di sorrisi, oltre la via. Mi addentro lentamente per le strade della città. Brandelli di frasi cadono come elemosine dell’ironia nella scuola invisibile dei miei pensieri. Rovine d’edifici, piedistalli grezzi e insudiciati, superba e unica s’innalza la statua dell’abbandono. Sembianze d’impenetrabili sorrisi oscurano i volti avvolgendoli vagamente di segreto. L’infelicità di alcuni si blocca sulle mie labbra in un pozzo di gesti appena abbozzati. E le tenebre si rischiarano nei fuochi fatui della notte che adesso copre ogni cosa. Rammarico inutile. Tra le nuvole immobili l’azzurro del cielo è sporco di bianco trasparente, e nel freddo silenzio, i rumori della strada si tagliano con il coltello della solitudine. Giov@nni