Mondo Parallelo

LA PANCHINA


Sulla panchina vicino all’Arena, mi sono seduto un attimo per settare il telefonino e magari telefonare a mia madre. Cielo azzurro, sole cocente, giornata afosa, come ieri, come da tanto nei giorni di un’anomala estate. Mi siedo sulla metà della panchina in ombra e comincio a dare un’occhiata alla posta, al mio blog, elimino i file inutili per lasciare libera un po’ di memoria, magari cancellando per ogni programma la memoria cache. Si avvicina piano, la vedo con la coda dell’occhio. Alta sui sandali dalla zeppa esagerata. I capelli biondi mossi dal vento, un viso d’angelo che sa di sapone. Si siede dall’altro lato della panca, al sole. S’accende una Chesterfield e poi subito compare tra le sue mani uno smartphone, e comincia ad usarlo, forse per mandare messaggi; io faccio finta di nulla, non sono invadente, e poi all’ombra c’è solo questa panchina. “Vuoi sederti all’ombra?” le dico, “Mi sposto, sei al sole e fa caldo”. “No grazie tra poco rientro al lavoro, una piccola pausa poi, finita la sigaretta vado”. E io… “Vedo che hai un telefonino della mia stessa marca, così, dimmi una cosa… : che tasto secondo te devo premere per tornare alla schermata home? Sai, dopo aperte più pagine in internet, devo fare a ritroso tutta la strada prima di tornare alla pagina iniziale  ed è una seccatura… davvero! Tu come fai per tornare subito indietro?”. “Io ho il Galaxy Sei e… guarda si fa così, in un attimo torni a casa!”. “Ma il tuo è una bomba scusa! Io non so se nel mio posso fare lo stesso”, ribatto sorridendo. Occhi azzurri, un sorriso che ti scioglie a rispondere con un altro più grande. “Fammi vedere”, mi dice, e  preso in mano il Galaxy S4, comincia a premere i tasti per fare la prova. Si avvicina, i capelli sul mio viso, sorride e si appoggia a me come mi conoscesse da tanto, e dopo poco, sul telefonino il menù che compare non è lo stesso del suo. Manca la voce: “torna alla principale”. Niente da fare. “Vedi, le dico sorridendo, nel tuo si sono accorti della lacuna e hanno rimediato, ma nel mio niente da fare.” “Fa nulla, abbiamo provato”, almeno so che devo accontentarmi!” Tempo che vola, la sigaretta è  finita, consumata tra le mani, il vento che tace, poi  lei si alza e mi tende la mano: “ Mi chiamo Cristina, è stato un piacere, devo tornare al lavoro”. Dopo detto il mio nome, la mano che stringeva la sua un poco fredda, piano scompare così com’era apparsa. Davvero un attimo, forse mi sono distratto, non so, non ricordo, ecco non saprei dire dove. Non ci sono negozi vicino, solo il parco detto dell “Arena”. Sono confuso, metto in tasca il telefonino e mi dirigo piano verso il porto. E penso, poi scuoto il capo, chissà!... dico, tra me e me. Poi un velo di tristezza e di solitudine improvvisi mi prende alle spalle. Mi alzo, e ridendo, e guardandomi intorno mi dico: “Va bene, sì, davvero, il mio smartphone, va bene lo stesso… così!”.Giov@nni