Mondo Parallelo

LA FINESTRA


Dietro la casa, aperta è una finestra, non vedo dentro se qualcuno si muove, son troppo lontano, mi devo levare e a quel muro bianco alzare lo sguardo. Provo a volare con le ali della mia nostalgia, profondo abisso che mi separa dal cielo; nulla mi stupisce davvero come l’essere libero di fronte al mare poco distante che nella risacca di suoni mi riempie il petto. Fragore di silenzi impossibili, nelle sere in cui il rumore di pendoli antichi squarciavano il velo di tele di ragno calato sopra la fronte. Salire, poi scendere in una strana immensità che non mi appartiene ma mi assorbe a poco a poco mentre cerco nella mia nostalgia la risposta a un dubbio che non ha parole. E resta lì il mio pensiero, appeso, con un tenue filo a quel dubbio acceso, come dialogare col vento che non risponde se non con il ritornare delle tue stesse parole. E, in fondo alla strada, tra i rovi secchi di polvere intrisi, guardo figure protese dai rami nell’ombra lanciati e penso che tutto inizia là dove finisce qualcosa, per dar spazio a un eterna spirale di vita e di sentimento che sembrano spenti, ma poi d’incanto, come fiamma ardono accesi. E quando mi soffoca la melanconia di un giorno perduto a rincorrer chimere sfuggite nel vento, quando mi fermo a pensare e non vorrei farlo, quando l’attimo si snoda in dimenticanze e parole mai dette, quando rincorro la vita e la morte per cercare un perché a un tutto fatto di niente, posso solo trovare qui dentro un sorriso piccino, strappato alla notte, quel giorno che insieme abbiam riso in faccia alla luna; così allora mi pare che tutto abbia un senso, perché il sogno è nella vita dove solo la morte ha una certezza. E magari, perché no, vorrei adesso sognare ad occhi aperti, come facevo da bambino, le notti che il sonno non mi era troppo vicino. Ricordo che avevo paura del tocco delle ore battute dal campanile vicino, troppo attaccate le une alle altre e nei rintocchi mille ali a fendere il buio sopra il mio letto. Voli d’immenso tra gli astri lontani ma a portata di mano, tra i dialoghi fatti per gioco. Ed ecco che, dentro di me, luci di tanti colori sorgon come fiamma dal pensiero, così come s’accende una candela. E nel regno del silenzio, tra gli anfratti del cuore, gesti sapienti di antica maestria adagiati tra i tasti d’un pianoforte, mi portano a sentire lontani canti di ombre nascoste tra mille gocce di pioggia, come vite serrate in catene di ghiaccio, che vogliono urlare al mondo la loro esistenza. E piccoli e tenui, poi intensi, poco per volta ne scorgo i bagliori finché un giorno, un filo di sole le esploderà in mille colori. Giov@nni