Un attimo prima sembrava tutto tranquillo, il giorno scorreva sereno come fiume di stelle. Poi la pioggia. Da uno squarcio di cielo una siepe di fili grigi agganciati alle nuvole si è schiantata sul tamburo del selciato. E per finire, a sorpresa, un raggio di sole è apparso e subito sparito avendo sbagliato stagione. Così, da un’ora all’altra, i segnali hanno preso consistenza indicando non si sa bene che. Un passero grigio, planato sul ramo di un pino, lungo il viale, è fuggito con grande fretta per un tuono laggiù, dietro l’orizzonte. E più in là, a sera, il mare sull’arenile distende il suo giaciglio. Lievemente accarezza la tiepida sabbia, tra gli anfratti bisbigliando il suo perdono per la terra violata, sferzata, sgretolata nella lotta quotidiana di ieri e di oggi. Nel respiro delle brezze ode ancora il lamento di coloro che solcarono le sue acque. Nel buio della notte rimane tranquillo e poi si increspa al soffio del vento cullando con l’onde i sogni di chi lo sta a sentire. Aperti orizzonti su linee più tenui sfumate d’azzurro più intenso e più lieve, dove lo sguardo può andare lontano, dove il cielo addolcisce nel chiaro i più tenui colori. E varca altri ponti il dolce andare del mio pensiero, lontano, tra suoni indistinti, tra le pienezze d’uno schiuso sigillo, nell’aria lieve che dirada l’ora lungo i muri di un antico palazzo che mi viene incontro per parlarmi delle sue crepe, come rughe antiche scavate nella facciata dipinta di bianco. E nel silenzio, poi chiudere gli occhi per sentire il ticchettio della pioggia tra le guance distese, nel divagare di un attimo rubato al tempo che fugge, e lambisce teneri approdi nel silenzio respirato dei fiori. Innocenti sillabe protese assiepano nella mano racchiuse gocce piccine come perle d’argento, con un lieve sussurro del cuore, e lontano apparire indistinto, come comparso dal nulla, un lieve chiarore.
Giov@nni