Mondo Parallelo

VOLTI


Non trovo in questa giornata di vento e di pioggia, quasi l’inverno volesse ricordare che ancora c’è, parole che possano descrivere uno stato d’animo che come un quadro di Van Gogh ha mille colori violenti e spiccati. Non percepisco nel vento che mi rivolta l’ombrello e mi spezza il respiro, nella pioggia che sferza la terra e mi punge la pelle, un qualche cosa che abbia sapore di nuovo, ma di antico, che riaffiora da ogni vicolo per cui passo, tra le scalcinate mura di una torre che si eleva tra vecchie case e antichi palazzi, negli occhi dei bimbi che corrono appresso ai genitori facendo di ogni pozzanghera un gioco, nelle guglie fatiscenti del Duomo vicino che richiamano gocce d’argento al risuonar delle campane, e, fuori da tutto ciò, un gioco d’ombre fatto di gatti che cercan riparo negli angoli di portici scuri. Improvviso il silenzio scende tra le nuvole dei miei pensieri, lucertola apparsa credendo fosse primavera poi subito celata agli occhi in una griglia affacciata sul pavimento: mi hai strappato un sorriso, con il guizzo della tua coda. Mi sono soffermato lì, in quella strada stretta che poche volte ho fatto, e senza timore sono entrato dove da tanto tempo non ero mai stato. Volti di cera composti da dietro porte chiuse che fremono al vento. Occhi rossi che nascondono lacrime subito inghiottite quasi a vergognarsene, sussulti lievi che squassano dentro, impercettibili fuori se a parlare è il vento, poi guardare e non sentire nel petto nulla, tranne un senso di vuoto che mi tiene sospeso. Immobile, appeso il mio muto pensiero, gente che aspetta chi poi chiuderà quella porta ancora aperta per lasciare spazio a qualcun altro nel gioco infinito della vita che rotola piano nella strada in salita, e piccola in fondo e stretta, l’uscita. Strano, mi chiedo da dentro, alla ricerca di un filo di tristezza che manca ma penso di dover cercare, non sento quello che negli sguardi di tanti senza fatica potrei trovare, ma tutto m’appare come se nulla mi potesse sfiorare, come se oggi fosse un giorno qualunque, e non m’importasse di nulla. Vorrei poter abbracciare, vorrei poter parlare di quello che sento nel cuore, vorrei che questo grigio divenisse più giallo del sole, vorrei, vorrei… Vorrei non aver veduto per un attimo affacciato l’angelo nero accanto a una maschera di formaldeide, sorridere e farsi beffe della mia indifferenza, vorrei che ieri fosse ancora ieri e poi per sempre ieri perché troppo veloce oggi è arrivato. Vorrei che quello che già sapevo non fosse stato così vicino, vorrei chiudere la porta del pensiero e lasciarla avvolta nel filo spinato, così come le tele sospese dei ragni negli angoli e nelle crepe delle pareti del cuore. E lì, di fronte a me stesso, lì davanti a tutti, cercare di capire quello che riflesso nei loro occhi è quanto di me hanno rubato coi loro saluti, le loro strette di mano, il viso accanto al mio in un abbraccio che mi è difficile intendere perché non mi appartiene e lo sento falso e distante. Circostanze, semplicemente ritagli d’un giornale scritto fitto e mai letto, lasciato sopra una seggiola vuota e traballante come le stelle quando passan le nuvole, scompaiono nel loro sorridere al cielo, per poi di nuovo apparire, così come il vento che soffia e mi vuole ferire, ma io davvero faccio finta di niente, e no, il suo gelido fiato adesso, non lo voglio sentire. Giov@nni